17/04/16

Internet sta omologando a livello mondiale il modo di mostrare e quindi recepire un'immagine.
L'immagine è il canale da sempre utilizzato per facilitare il dare spiegazioni: si creano delle immagini -anche a parole- per rendere più chiaro un argomento. Quindi, è un canale privilegiato per portare informazioni in modo ampio verso gli altri - l'esterno. Avrebbe meno valenza usare internet per portare immagini dall'esterno verso l'interno per poter dialogare, come non sarebbe frequente una comunità che arricchisca il proprio linguaggio con immagini esterne dato che questo esiste già da secoli. Ecco che, allora, la comunità, anche nel piccolo, nel locale, è quella che si adatta ad un mainstream esterno, universale, per comunicare nel resto del mondo. Questo comporta l'adattarsi ad un'omologazione del linguaggio. Ma se la lingua parlata è protetta dal regionalismo e non ha esistenza in internet in quanto c'è principalmente l'inglese come lingua di scambio, le immagini invece vengono adattate e omologate a quelle già esistenti. Il mainstream di immagini, che figuro come un flusso che attraversa tutta la rete e sovrasta tutte le comunità, avrà di certo avuto un inizio; sarebbe ora di indagare per capire qual è stata la prima immagine.
E' il perfetto opposto della globalizzazione che è l'adattare al locale un prodotto multinazionale per così ricavarne una nuova fetta di mercato; creare un dialogo con quanto già esiste e favorirne la sua continuità per dare un senso di alternativa e novità al prodotto della multinazionale.
In conclusione, abbiamo un pubblico uniformato fenomenale che recepisce ed è in grado di leggere gli stessi segni, gli stessi codici: l'intera popolazione mondiale. Ancora di più, allora, e non solo in chiave filosofica o poetica ma pratica, l'artista deve pensare di proporre un'immagine che potrà essere letta dall'universo, quando sta realizzando un lavoro.
L'uomo è riuscito a creare con questo una sintesi totalizzante, ma ora questa obbliga l'umanità a delle regole precise nelle proprie azioni comunicative. Pertanto, l'immagine non deve essere più considerata come rappresentazione, ma anche come azione perché essa è realizzata attraverso uno standard dal quale ci si può scansare solo a rischio di dare vita a immagini non comprensibili.
In altre parole, è stata creata un'entità creatrice. Una forza superiore in quanto è uno statuto inviolabile; se violato forse non si fa più fotografia/arte, ma qualcos'altro.

Bisognerebbe ora capire per quale contributo optare: creare nuove immagini come se fossimo una divinità e quindi che si integrano e armonizzano al resto del creato con equilibrio e naturalezza, oppure crearne di illeggibili e inedite come un alieno e quindi che non si adattino all'ambiente e fungano da scandalo o da reazione (a mo' di rigetto).

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