13/09/21

VANGELO PRATICO che libera dalla sofferenza

 


Come è possibile incappare in esperienze dolorose e non perdere la felicità acquisita? E' una domanda molto importante visto che nella vita possono accadere avversità da condizionare ogni singolo giorno...
Un lavoro su di sé porta l’individuo verso un’esistenza felice e soddisfatta quando passa attraverso la consapevolezza. Una delle tappe più significative, infatti, è la liberazione dalla sofferenza; ma questo non vuol dire iniziare una vita dove succedono solo cose belle e positive: si rimane comunque esseri umani immersi nella realtà. Quello che cambia è semmai il modo di concepire la realtà e quindi anche i suoi aspetti, come la sofferenza…
La sofferenza potrebbe venir vista davvero in un modo diverso? Siamo sicuri che sia davvero una condizione che deve essere accettata e aggiunta alla nostra quotidianità? Facendo così, non si rischierebbe invece di mantenerla viva invece che trascenderla?

06/09/21

L'autosciamano appare

L’autosciamano è stato presentato attraverso una performance che ho realizzato con l’artista Manuel De Marco. 

La ricerca artistica di Manuel De Marco parte dal corpo e dalla sua relazione con lo spazio circostante. Le forme d'arte che predilige sono la pittura e il video, nelle quali esprime in maniera differente ma concettualmente simile la sua ricerca attraverso il movimento nello spazio. Video e pittura sono accomunate dall'utilizzo dello stesso corpo come medium espressivo: da un lato Manuel filma il suo movimento, dall'altro lo imprime tramite le sue stesse orme, congelandolo in un gesto. La riflessione che scaturisce dal suo lavoro è sempre basata sul confronto fra la sua presenza di individuo nel mondo e il mondo stesso, visto come alterità. Un tentativo di ricavare spazio attraverso il movimento per distinguersi, ma allo stesso tempo entrare a far parte del tutto, nel continuo mutamento dell'esistenza.

Infatti, io e Manuel abbiamo compiuto un’azione, ma in realtà le azioni sono state tre perché c’era una terza presenza: il luogo che ci ha ospitati. Nessuno dei tre, però, era il protagonista, questo fantomatico personaggio chiamato “autosciamano”: lo era meravigliosamente la convivenza di tutti e tre. E questo non per mettere al centro l’unione o la fusione, ma l’incontrario: l’indefinito, l’indefinibile che diventa infinito e assoluto, si invera in questo autosciamano che si può incontrare solo nella complementarietà di più attori. Come a dire che per potersi palesare, un autosciamano non può apparire in una sola figura ma più di una; o meglio: quando una è presente, l’altra è assente, quando una scompare, l’altra la sostituisce, una va alla ricerca delle orme dell’altra che disperde dietro di sé senza accorgersene… 

Già ho avuto modo di parlare dell’autosciamano e anche di invitarvi a diventarlo perché significa oltrepassare limiti che si è abituati a considerare invalicabili, a favore di una libertà totale. La quale non sta a indicare sfrenatezza, ma un essere liberi dal doversi per forza fermare all’interno delle definizioni, anche di sé. E una performance è un po’ come un rituale nel quale si focalizza una certa intenzione e se ne concretizza la sua capacità di trasformare: nel mio caso, quindi, la perdita di barriere e identità. Una performance, allora, non è solo rappresentare un’immagine con un’azione; infatti, più tardi, dopo averne ancora parlato con Manuel, me ne sono andato e scopro che non ho più il mio portafogli. Rubato, smarrito? Quel che è certo è che da allora, da vari giorni, sono senza i miei documenti d’identità, sono a tutti gli effetti… irriconoscibile.