25/11/17

FORMA D'ARTE COME FORMA DI MAGIA




La fotografia è arrivata relativamente da poco tempo; quando se ne conoscerà meglio, si scoprirà sicuramente la sua valenza magica. Magia significa manipolare i simboli; l'artista è mago e deve rendere concreto un culto/una cultura. Senza una convinzione, una fede, fa solo dei bei lavori.
Credo che la fotografia sia un'opportunità per ravvivare il potere magico. Quindi, l'arte non è intrattenimento ma una forza che trasforma; intrattenimento lo si riconosce quando il pubblico riceve ciò che desidera, l'arte non dà al pubblico quello di cui ha bisogno. Se il pubblico sapesse cosa vuole o cosa gli serve, non sarebbe pubblico, ma sarebbe completo, con il culto, acculturato: sarebbe l'artista. Approfondire la mia vita come artista è approfondirla come mago, pure, portando avanti le idee di cui sono convinto sulla realtà e la spiritualità - e quindi, pure, sulla vita e la morte. Il cercare di esprimerle ed inserirle nelle immagini che produco è fare il mio lavoro. Tradisco la verità se non accompagno il pubblico verso altri panorami, la quale è mia ma diventa assoluta perché io sono convinto della sua esattezza.

Questa immagine proviene da una pellicola che poi ho provato ad accompagnare con i versi di una poesia per la pubblicazione in una rivista anglofona. Gli scatti sono stati fatti mentre aspettavo gli altri che mi venissero a prendere per partire in auto verso una residenza che avremo fatto alla Fondazione Spinola Banna. Un posto davvero diverso, una pellicola vecchia irripetibile, le persone giuste per fare esperienze nuove.

18/11/17

FARE FOTO PER RICORDO O PER DIVENTARE UN RICORDO?



Quello che ho descritto negli ultimi post è un diverso punto di vista rispetto a Benjamin dell'osservazione delle immagini di massa, perché qui parliamo di immagini banali che sono alla portata di chiunque e che potrebbero anche non essere viste da nessuno. Chi è quindi il fruitore di quelle immagini? Il sistema stesso, internet, come una sorta di spettatore che accoglie le immagini e ci fa sentire "ascoltati". Un ottimo parallelismo con Dio, al quale venivano rivolte immagini che solo Lui poteva vedere: l'autore e chi le commissionava riconosceva, ma senza saperlo, che Dio le avrebbe viste. Nell'essere più specifici, non è esattamente un Dio, internet, ma la profondità che cela Dio: sé stessi. Funge quindi da specchio: penso a una cosa (la vedo), e carico quel pensiero (quella foto) nella rete, così che il mio pensiero rimarrà per sempre; anche se la foto non viene rivista, in quel momento so che è una porzione di me che rimarrà nell'eternità. In passato, avevo descritto queste dinamiche come autismo o autoerotismo, ma più esattamente è proprio un tendere al raggirare la morte, un persistere.

Mi interrogo se è lo stesso movimento che mi porta a realizzare lavori come questo: distruggo la foto e poi la rimonto, la colloco su un supporto che ha già un passato - che viene quindi sovrapposto. Cambio canale del testo e pertanto il messaggio che porta è deviato. Un passato che per me è quasi impercettibile, però diventa materia della mia personale memoria visto che le foto si fondono con le vecchie tele di mio padre, di quando dipingeva.

11/11/17

PERCEPIRE LA REALTA' NELL'ESPERIENZA VISSUTA O NELLA FOTOGRAFIA DELL'ESPERIENZA VISSUTA?



La caratteristica antropocentrica della fotografia è amplificata nella sua possibilità di far ricordare, preservare il soggetto dalla morte. Aiuta ad accettare il passare del tempo e far rievocare chi ci ha lasciati. La fotografia, qui, prende il posto della persona deceduta; come un regnante del passato che viene sostituito con la presenza del suo dipinto realistico, o il Faraone con dei simulacri di terracotta e la mummia…
Ma non è finita: oggi, tramite l'uso di massa della fotografia e l'immensa mole di foto della quotidianità di ciascuno che viene caricata in internet, la fotografia va a sostituire la vita stessa. Una replica che è qualcosa di più, quasi una neutralizzazione della quotidianità: scompare diventando neutra con quella di tutti gli altri che caricano foto nello stesso contesto…
Scopo di performance come quella illustrata da questa foto (scattata dalla fotografa Lara Trevisan durante una passata edizione del festival "Orchestrazione", Portogruaro -Venezia-), è appunto creare invece un corto circuito. Innanzitutto per chi è testimone dell'azione, e poi per chi avrà a che fare con simili immagini.
Il mostrare qui una via verso qualcos'altro comporta una difficoltà di interpretare il contesto più per chi è testimone indiretto che per chi era lì presente. Il primo, infatti, deve in aggiunta anche trovare un senso a ciò che la rappresentazione sta mostrando perché la foto rimane per sempre e si sostituisce inderogabilmente all'evento; mentre il secondo assiste tutto in modo effimero.

Deve essere come camminare nella nebbia, ma quello che la foschia non permette di distinguere bene non sono le cose più confuse che invece emergerebbero, ma quelle più quotidiane, ovvie.

04/11/17

COME NASCE LA "FOTOGRAFIA ESTESA"



Ecco uno dei primi suggerimenti del progetto che ho chiamato "la fotografia estesa" e che è realizzato in collaborazione con il pittore Raffaele Santillo. Spesso ci siamo trovati a condividere simili opinioni sulle immagini poiché è frequente che, tecnicamente, iniziamo entrambi da fotografie trovate per creare qualcosa di diverso. Lui con la pittura.
Così, si manifestano realtà assurde, si mette in scena ciò che è altro da noi. Ma attraverso i nostri punti di diversità - di distanza invece che di contatto - si elabora un nuovo linguaggio. Che credo  universale, come una sorta di esperanto - ma con le immagini.
Le nostre sequenze sono quindi possibili solo nello scambiarci di continuo un'immagine che evolve perché ciascuno interviene in modo indipendente ma anche considerando l'apporto dell'altro. E' il lavoro che comunque faremmo se fossimo da soli poiché partiamo, appunto, da immagini già esistenti. Il passaggio a un procedimento successivo, qui è possibile proprio per questa interazione, o ancora meglio: per l'attesa nel riavere l'immagine precedentemente ceduta, e per il suo successivo nuovo abbandono consapevole.
Con l'inaugurazione collettiva del festival Orchestrazione di quest'anno (dalle 18.30 del 4-11-17, presso la galleria d'arte Ai Molini di Portogruaro -VE-), abbiamo trovato la scusa per sbrigarci nel portare a termine alcune prime proposte. Ciascun lavoro è a tal punto suscettibile di continue rimaneggiamenti che dovremo dedicare a questo progetto un'intera mostra a sé.
Quando ho visto i primi lavori, mi sono meravigliato, perché il risultato trasmette proprio quanto io avrei da sempre voluto evocare ma che da solo non riuscivo in modo così esaustivo.
Quindi, nell’affrontare un disorientamento nel disconoscere e riconoscere in continuo l’immagine e nella fiducia verso il collega a cui si affida il proprio lavoro, l’autore potrà ottenere la manifestazione di un aggregato che sia a lui appartenente e al contempo sconosciuto: l’ospite estraneo.