30/06/14

Questo è quello che ho fatto oggi con Michele:

La cosa interessante di quest'idea, per me centrale, è il portare, come non mai, la vita di tutti i giorni e l'uomo della strada all'interno dell'arte e di un'opera d'arte. Un evento in cui addirittura è inserito un battesimo...

I FANTASMI DEL FOLKLORE
di Kriptoscopia




29 giugno 2014

tutta la giornata, a partire dalle 9.30

Badoere (Treviso) – sedi varie




4 bande folkloristiche trevigiane,
7 carrozze d'epoca,
un'ampia sfilata di amici, in costume, di Carlo “Carletto” Durigon e celebrazione del battesimo di suo nipote nella chiesa di Badoere.
E' l'happening a cui KRIPTOSCOPIA invita tutti per festeggiare nell'arco di un'intera giornata una figura di riferimento del folklore trevigiano: Carletto dell'associazione “Amici dei cavai” di Paese (Treviso). L'intera festa propone quanto Carletto stesso desidererebbe per il suo funerale rispondendo in modo giocoso alla falsa notizia del suo decesso, qualche anno fa:


“«Carletto del bar “Le Ruote” è morto». La voce si è sparsa lunedì in paese, ma, per fortuna, si trattava solo di una burla di cattivo gusto. «Io sto bene - dice sorpreso il diretto interessato Carlo Durigon, che porta in testa il suo inseparabile cilindro - si è trattato di uno scherzo». La falsa notizia della scomparsa del proprietario della famosa osteria «Le ruote» di Paese, in via Breda 56, ha destato preoccupazione.

«Carletto dee rode» infatti è conosciutissimo non solo a Paese, ma anche in tutta la provincia. E’ il presidente degli «Amici dei cavai», associazione che organizza feste con carrozze d’epoca e cavalli, devolvendo sempre il ricavato in beneficenza. Il sessantenne Carlo Durigon ha iniziato a lavorare al bar della stazione dei treni di Treviso. Poi ha aperto l’osteria a Paese, diventata un luogo mitico, frequentato da diverse generazioni di trevigiani. Tutte le compagnie della Marca, almeno una volta nella vita, hanno fatto una festa nell’osteria dove si mangia museto, poenta, luganega e si bevono fiumi di vino. E’ uno di quei bar che Marco Paolini descriverebbe: «dove devi specificare se il caffè non lo vuoi corretto», altrimenti in automatico ti aggiungono un goccetto. Carletto, dopo lo choc della notizia che gira sulla sua morte, torna al suo noto buonumore. «Comunque ho già pronto il mio testamento - confessa - Quando morirò voglio un corteo con 60 cavai, tre putane e un cueaton, fiori destirai in strada, banda musicae. Magnar a crepapansa, bevar e parlar de cavai». E poi spiega: «Ho scelto questi personaggi per il mio funerale perché non voglio omaggi, la nostra vita deve essere criticata quanto valorizzata».”
Fonte: Tribuna di Treviso del 23/02/2005
http://ricerca.gelocal.it/tribunatreviso/archivio/tribunatreviso/2005/02/23/TC6PO_TC605.html

 

25/06/14

Ogni attività viene compiuta seguendo le regole di una recitazione personale e collettiva; ogni fotografia mostra un momento di una performance. La fotografia assoluta non è nel documentare un volto con uno scatto fotografico ogni giorno, ma un individuo che fin dalla nascita sia celato allo sguardo e che si mostrerà agli altri, per l'intera durata della sua esistenza, esclusivamente tramite delle foto. In altre parole, la fotografia sarebbe la vera testimonianza, quella dell'assenza perché per la fotografia il concetto di presenza è un qualche cosa di negativo. Come a dire che se non c'è assenza, la fotografia fa una comparsa parziale; come il nero che compone i colori ma che appare in maniera completa soltanto nella loro totale assenza. La prova di ciò è che il nostro soggetto che si prestasse alla realizzazione della fotografia assoluta, darebbe dimostrazione concreta e solida di sé, solo nel momento di negazione della (sua) vita: il decesso.
Ma se noi non possiamo guardare il volto di costui, avremmo il dubbio che non sia effettivamente reale o che addirittura non esistesse: è un paradosso, un'inconciliabile considerazione che dimostra che a causa dell'avvento della fotografia, l'immagine è morta. Quindi, non ci resta che utilizzare la fotografia in modo precario come abbiamo fatto finora: se per dare significato alla fotografia si deve guardare alla vita, e per dare significato di star vivendo bisogna comprendere la morte, ci si può rendere conto che la maniera in cui viene anche concepita la fotografia, è distorta. Ovvero, se la foto la usiamo per trasmettere un avvenimento allora lo stiamo facendo in modo superficiale e non definito, come usare degli schizzi a matita per rappresentare i momenti di un fatto che si vuole fermare e tramandare.
Presenza e assenza nella fotografia sono un grande conflitto che in modo grottesco si risolverebbe nello scattare foto di qualcosa che non esiste, frutto dell'immaginazione, cioè la libertà che era del disegno e della pittura. Qui entra in gioco il mio lavoro fotografico che utilizza foto di scene reali ribaltate in qualcosa di irreale, assurdo: perdere la capacità di raffigurare, testimoniare, descrivere, ritrarre. Questo è possibile, come ho già scritto in passato, separando la fotografia dall'immagine; si ottengono così degli oggetti che sono a sé stanti dalla fotografia, concettualmente "infotografabili". Pensare che ciò che riporta una foto sia la realtà, sarebbe la soluzione più semplice (e infatti è quella accettata) ma è frutto di una distorsione psichica. Si può fare chiarezza su queste parole considerando l'incipit "ogni fotografia mostra un momento di una performance": in una foto si può vedere quello che è recitato, cioè che corrisponde alle convenzioni e quindi alle aspettative (le strutture degli edifici, degli abiti, dei costumi, delle espressioni, azioni...) dalle loro immagini. Ecco che si avrebbe la possibilità di mostrare delle immagini frutto di immagini (cioè immagini non reali ma immaginate). E per completare tutti gli input fin qua tirati in ballo: si mostrerebbe qualcosa di assolutamente assente (senza aver bisogno di mantenere qualcuno nascosto alla vista per la sua intera vita...).
Tutta questa riflessione, che è una spiegazione della fotografia e una spiegazione della mia fotografia, è essenzialmente un confusionario approccio all'immagine che si affronta quando il modo in cui si viene educati a vedere la realtà è aberrato: un unico livello solo. Sul piano mentale, quindi, ci leghiamo all'uso e alla funzione dell'immagine e della fotografia in modo distorto (imprecisi confini fra il concreto e il concetto) ma così profondo, perché è il modo in cui veniamo educati, che lo prendiamo per vero al pari di un qualsiasi effetto ottico.
Perfetta conclusione è progettare la macchina fotografica assoluta: che produce, ad ogni scatto, la stessa foto. Sarebbe l'unico modo per assumere un ruolo esaustivo della fotografia perché ripete sempre lo stesso (come l'atto sessuale). Il tema dominante di tutto è, pertanto, come ci relazioniamo da un punto di vista estetico, cioè ammettere che ogni aspetto relazionale è una rappresentazione (performance ho detto all'inizio) e che terminerebbe di esserlo se si smettesse di seguire le convenzioni. Se fosse possibile, se ne creerebbero di nuove che a loro volta imposterebbero altre rappresentazioni: per gli uomini non è possibile non rappresentare, quindi non è possibile vedere la realtà in un altro modo oltre ad un unico livello, quindi non possono che adoperare la fotografia in modo parziale. E quindi, non siamo in grado di cogliere il disturbo che la fotografia positivamente crea alle nostre convenzioni... La fotografia è aliena.

23/06/14

Mi hanno parlato della possibilità di fare qualcosa durante un festival musicale, vicino a Pordenone. Non ho idea di cosa potrei proporre, vista la vastità del luogo, così ho iniziato a immaginare ad una performance. Il tema deve affrontare i problemi di comunicazione o qualcosa di simile, e nell'azione che ho pensato, affronto e comunico con qualcosa di inaffrontabile e che non comunica: la mia paura. Cioè mi devo far sbranare da dei cani.
Non è proprio un'idea di prima mano: devo controllare che non sia già stata fatta, ecc. Ma non penso abbia importanza, conta l'assistere ad una scena simile.

22/06/14

Sto attraversando un periodo di mezzo fra la fine dell'esperienza del progetto Kriptoscopia e l'inizio di ciò che verrà in seguito. Un mio attento critico d'arte potrebbe cogliere la cosa precisando che si è appena conclusa la performance che ho iniziata il 7 giugno 1979 e sta per cominciare la performance numero due. 
Per marcare questa fase, mi sono fatto dei tatuaggi che ne conservassero la valenza. Il giorno successivo sono stato tutto il giorno in mezzo alla gente e quindi mostrando queste nuove presenze sulla pelle. La cosa interessante è che seppure uno di questi tatuaggi è una frase tatuata sull'avambraccio, se n'era accorta solo una bambina.
Sabato scorso è avvenuta l'ultima performance di Kriptoscopia che, a quanto pare, ha molto colpito e soddisfatto il pubblico. Per queste reazioni, si deve proprio cogliere che sia stato giusto segnare la fine di questo progetto; perché Kriptoscopia ha senso se il pubblico viene lasciato insoddisfatto, con l'amaro in bocca. (vedi qualche post passato) Evidentemente, la messa in scena ultima è stata abbordabile da fruire e le emozioni vincevono sul resto. In effetti, apre a un altro lavoro, che sta per giungere: forse, quindi, Kriptoscopia ne ha offerto il contenitore. Ma è stato emblematico perché vi hanno preso parte proprio tutti, come avevo già avuto modo di elencare; con l'aggiunta del musicista Andrew Seal, che ha sopperito all'assenza di Dezroy Adam che aveva indovinato la condivisione della parte musicale con Michele nella performance precedente, a Venezia, presso Venoise.
Il nuovo lavoro sarà con lo scrittore Emanuele Franz, proprio a rendere sempre più concreto il mettere in scena il suo dramma "Il risveglio di Gregorio". Sabato scorso, in effetti, c'è stato un primo test che è davvero riuscito: dare vita al Gregorio. Il Gregorio è una presenza, un'energia, quindi qualcosa di vivente che non esisterebbe ma diventa reale evocandola in un'azione congiunta, corale; proprio come nel libro. Quello che abbiamo messo in scena è stato un rito che aveva dei rimandi alle baccanti, e le donne presenti fra il pubblico si sono dimostrate degne di rappresentare la vulcanica energia femminile salendo sul palco. Quello che hanno fatto è stato malmenare e umiliare Emanuele nella parte dell'iniziato al rituale, o meglio: vittima sacrificale. Temevamo che le persone del pubblico non si sarebbero fatte coinvolgere, invece le donne invitate hanno accettato: nei baccanali di luna piena, le donne sbranavano coi denti un cerbiatto ancora vivo.
E l'energia è stata talmente vera (non eravamo più noi ma il Gregor) che, finita l'esibizione, alcune di loro hanno sono rimaste nella parte, anche chi non aveva pertecipato prima... e la tensione della performance si fosse apparentemente stemperata.
E' molto bello poter vedere con una stima rinnovata tutte le donne che incontro, ora. Sono piene di entusiasmo e elettricità; un uomo non potrebbe mai avere una simile energia, perché questa è un'energia piena di vita, generatrice appunto, mentre il maschio tende ad accomodarsi.
C'è da notare che almeno una di queste ragazze, per timore del palco, ha calciato Emanuele in modo palesemente finto, come se fosse una gag coi calci finti del gabibbo. Ma va bene lo stesso, perché anticipa già il nuovo progetto che vorrei fare con Michele: con uno sfondo musicale noise e industrial, mettere in scena le gag e i giochi alla domenica in.


12/06/14

Kriptoscopia è agli sgoccioli. Ho scoperto di essere commosso per questo. Anche sotto pressione, perché non avremo seconde chance sulle performance: buona la prima.
E' come se il progetto non si sia in realtà esaurito, tutt'altro: che sia carico di novità e nuovi percorsi; per questo avviene la sua conclusione, perché metterà in scena appunto una nuova nascita.
Il motivo è anche perchè questa esperienza mi ha permesso di sviluppare tante e differenti riflessioni. E ne ho anche raggiunto una certa compresione: quando è partito, era già articolato, nel corso del tempo si è solo aggiornato ed è stato adoperato. Quindi, rispetto ad ora, agli inizi capivo meno il suo movente e la direzione: avevo chiara solo la matrice... L'opera d'arte esisteva già e io ho avuto bisogno di un po' di tempo per raggiungerla, l'artista arriva dopo rispetto a quello che fa. Che pena!: la cosa migliore che può fare un artista verso la sua opera, è abbandonarla?

06/06/14

Capita spesso, progettando una serata per Kriptoscopia, di dover lavorare in corsa, vale a dire che il programma può cambiare improvvisamente perché chi si pensava che avrebbe partecipato non ci sarà più, o un'attrezzatura non la potremo usare...: ci si deve sempre improvvisare facendo il meglio con quello che si ha a disposizione. Per me è uno stress perché devo riuscire comunque a mantenere l'atmosfera, il ritmo, l'immaginario che voglio evocare. E succede quasi sempre. Alle volte mi sento frustrato perché vorrei avere a che fare con professionisti e non con gente che non si combina. Cioè che se assegni un ruolo, la persona lo impersonifica e stop. Però preferisco così, una maniera imprevedibile diciamo, che ti obbliga a creare senza pause modificando anche la traccia di partenza. Credo che sia questo il segreto creativo di questo progetto.
Ci sono state performance in luoghi in cui non ci siamo mai recati: era stato solo un lavoro di flyer; altre in cui abbiamo dato disdetta perché la performance era l'andare a scusarsi per la serata buca...

Par mi, non lassaria star.

04/06/14

Da ormai cent'anni e più, ogni momento importante della nostra Storia è stato testimoniato da resoconti fotografici. L'introduzione della fotografia ha permesso di ricordare e trasmettere un evento con una immagine: a volte anche una sola foto ci ricorda un fatto preciso (una guerra, una vittoria, una crisi...) o la mettiamo come somma di esso.
Seppure stiamo vivendo in un periodo che viene considerato di passaggio epocale, ovvero una tale crisi da modificare molto delle abitudini e delle strutture sociali di alcuni Paesi, non emerge alcuna immagine fotografica che lo sappia raccontare o riassumere. Se si cerca fra le foto scattate negli ultimi anni, si trova un sacco di materiale che non ha a che fare con quanto si vive quotidianamente o quanto racconta la cronaca o i personali sentimenti... La principale spiegazione a ciò è che probabilmente dobbiamo aspettare che passino degli anni, ad esempio che si esca dall'attuale crisi, per poter riconoscere un'immagine che ne sia stato l'emblema; eppure io trovo che il motivo possa essere un altro: la tecnologia adoperata nella fotografia che aumenta esponenzialmente la quantità di immagini prodotte e la loro facilità di diffusione non permette di scegliere cosa scattare e di criticare gli eventi. In altre parole tutto viene spalmato in un modo monotono e piatto.
Ora che ho una reflex digitale tra le mani, voglio cercare di tenere a mente, quando sto per scattare una foto, che inserendo una qualsiasi parola in un motore di ricerca, ti puoi trovare affiancata la foto di un bombardamento con il ritratto di un bambino al suo battesimo...
Bisogna tener presente che gli eventi storici, finora, modificavano le persone e modificavano anche il loro modo di percepire la realtà, pertanto anche le foto cambiavano (cent'anni fa, per la prima volta, un accadimento che poteva rimanere lontano dalla gente e quindi dalla realtà, come il fronte di una battaglia, diventava quotidiano perché le persone vedevano immagini di cadaveri trucidati sui giornali, ecc.). Oggi non potremo più vivere questo cambiamento: il digitale, come già detto in qualche post passato, immobilizza.

02/06/14

Ha preso il via l'Avvento di Kriptoscopia.
Nella prima performance, Sissy era in scena in un costume totalmente nero e io sono entrato strisciando sui gomiti, con la corona di spine in testa. Sono stato frustato e torturato da Maria Jiku del duo giapponese che collabora con noi. Infine mi ha tagliato una grossa ciocca di capelli. Sono soddisfatto quando la gente è obbligata a considerare e a parlare del Cristo. I discorsi che mi sono stati fatti successivamente da chi del pubblico mi ha voluto parlare per soddisfare alcune curiosità sull'azione, hanno riguardato la sofferenza.
Nella seconda performance mi sono seduto al centro indossando la mia divisa del lavoro (ora sono impiegato per l'Enel). Ho messo in scena, quindi, la realtà di questo mondo criticando il modo in cui la gente generalmente la vive con un'azione ben precisa: per tutta la durata della performance ho bevuto senza interruzioni dei bicchieri di grappa versandomeli da un bottiglione. Mentre lo stordimento e il disgusto per l'alcolico aumentavano (più difficile da sopportare delle frustate di Maria), Sissy, come uno spirito della mia mente, si aggirava e agitava intorno a me. Il suo costume e i suoi gesti erano quanto mai ideali. Assomigliava a un mammutones o a un krampus.
E' stato intessante agli studio visit di banchina molini, venerdì scorso prima della nostra esibizione, trovare in un dipinto di una ragazza originaria della Romania delle figure abbigliate come dei krampus che ci ha spiegato essere invece del folklore del suo Paese.
Ora Michele è in viaggio con i Jiku55 per prendere parte ad alcune date in Slovenia, mentre io sto preparando "L'ultima performance di Kriptoscopia" con un po' di difficoltà perché mi si è rotto il computer... Comunque, l'artista Michele Tajariol mi ha fornito una scultura indossabile per l'iniziato del rituale, che sarà lo scrittore Emanuele Franz in relazione, nella scena, con Maria; all'artista Matteo Vettorello, che vorrebbe prendervi parte, ho proposto di allestire le sue installazioni per la scenografia, mentre a Lenny una parte abbastanza importante e difficile: introdurre il pubblico nel luogo della cerimonia.
Quando penso a queste messe in scena e alla regia per renderle concrete faccio difficoltà ad accostarle alla proposta solita dell'arte contemporanea, la quale dà l'idea di essere caratterizzata da un aspetto di impeccabilità. Quando si va ad una mostra, si vede sempre il meglio dell'artista, anche nel senso dell'aspetto dell'opera d'arte in esposizione: il materiale, il formato, la pulizia... come se dovesse e potesse durare per sempre. E invece l'arte è una cosa viva e quindi è fatta di pezzi che si rompono che vengono male, brutti o storti: in una galleria trovi oggetti impeccabili come se fossero piuttosto dei prototipi o dei campioni. Io preferisco ricercare la peccabilità. Addirittura, facendo arte ci si fa male, fisicamente, mentalmente, finanziariamente... e lo so così bene che mi sono rotto i coglioni di leggere sulle riviste d'arte le recensioni delle mostre o di visite agli studi degli artisti in chiave patinata e frizzantina, perché è falsa: se l'arte è viva, ha anche i colpi bassi cioè la parte delle esperienze, della vita... pure la normalità, la noia e l'assenza di emozioni... Se no, è come se davanti a un'opera d'arte avessi la certezza che quel lavoro è stato fatto in quel modo e non potesse avere alcuna variante o alternativa. Non voglio essere frainteso, non è che chiedo che tutti gli artisti presentino i loro lavori con qualche difetto (come tendo a fare io, appunto), tipo una sbucciatura della tela, una botta su un angolo, il quadro senza cornice o la polvere sulle installazioni... è giusto che l'autore cerchi di fare del suo meglio: io sono contrariato dal modo in cui viene raccontato, trasmesso attraverso le riviste ecc... Gli addetti ai lavori dovrebbero tenere nella loro rivista uno spazio dedicato alla cronaca nera di quanto succede nell'arte, nella sua produzione, altrimenti gli artisti vengono scambiati per dei semidei che non sbagliano mai... che quello che realizzano è sacro e quindi distante dalla realtà. Una cronaca nera che racconta quando le cose vanno male, ovvero la quotidianità, ad esempio: un artista che tenta di fare una cosa e fallisce, quell'altro che aspira a  un obiettivo e manca il colpo, il performer che in un'azione si spacca la gamba, il vernissage in cui non si presenta nessuno, il giovane artista che senza soldi s'inventa di fare una mostra sul suo cellulare, critiche negative, prese in giro, la lista di chi ai concorsi non vince... Insomma, una rivista che possa interessare anche a noi artisti, perché sapere cosa pensa quell'artista di un argomento o venire informato di come sono collocate le opere in una esposizione... a cosa dovrebbero tornarmi utili? E' solo gossip...

Mi stago come che son.