Nel percorso tracciato lungo il libro Vangelo Pratico si legge di un mondo caratterizzato da una felicità libera da qualsiasi condizione, autosufficiente, così che chi ha il vero desiderio di giungervi non potrà che vivere da lì in poi una vita soddisfacente e gioiosa. Questo è il motivo per cui si mette in evidenza fin dal titolo che questo desiderio è legato a una “pratica”: deve essere la scelta sincera e risoluta di chi è pronto ad accogliere la vita come artefice del proprio destino. Mentre l’indicazione al “Vangelo” è per il diretto collegamento con le origini della nostra cultura cristiana e per la ferma convinzione di quanto essa può illuminarci quando si riesce a leggerne gli insegnamenti più creativi e mistici. Tuttavia, il Vangelo Pratico non ha finora ottenuto un riscontro da esponenti o gruppi direttamente collegati con una Chiesa cristiana; seppure l’autore abbia presentato le riflessioni del libro non in opposizione alla religione o come un nuovo cammino spirituale, e inoltre ha in vari modi cercato un dialogo con le istituzioni.
Questo silenzio, in realtà, vale come vera e propria risposta: evidentemente coloro ai quali ho proposto il libro lo hanno letto e ne hanno così colto le differenze con le consuete credenze cattoliche. Le quali possono essere abissali per un occhio “allenato”. Come autore del Vangelo Pratico, per me è un onore constatare di aver ricevuto un simile esame e qui lo si vuole condividere per coloro che non hanno ancora letto il libro oppure conoscono solo parzialmente i punti di vista teologici tramite i quali si osserva l’uomo. Al centro del libro ci sono infatti l’uomo e il suo rapporto con sé, la realtà e come egli è in essa.
Innanzitutto, la differenza principale che si ritrova nel libro se messo in confronto alla concezione cattolica è riguardante la vita dell’uomo. Nella spiegazione cattolica, la vita è qualcosa che si riceve in prestito; spesso si semplifica che la vita è un dono, ma non sarebbe esattamente così nel mondo cattolico in quanto essa deve poi essere restituita. Praticando il Vangelo, si sostiene invece che si giunge a un punto superato il quale non si avverte più la vita come qualcosa che si ha ma come qualcosa che si è e il praticante si riconosce come la vita stessa che fluisce e che produce altrettanta vita attraverso l’amore, l’accoglienza e l’assenza di giudizio. Non c’è una vita di serie A e una di serie B, si lasciano da parte le preferenze e le guerre su chi ha ragione e chi no: c’è solo vita. L’unica, che è la prima e l’ultima: ecco che così il praticante si identificherà nella stessa sostanza sia della sua sorgente che di quanto sta divenendo.
L’uomo non sarebbe proprietario della propria vita perché non è lui a deciderne veramente le sorti, infatti Dio può levargliela. Nel Vangelo Pratico, si legge invece che quello che può essere levato, al massimo, è il corpo, cioè la nostra parte fisica, mentale e emozionale che si fruirebbe per fare l’esperienza in questa realtà. C’è quindi un ribaltamento nei significati del termine “vita” quando viene concepita come l’esperienza terrena e quando invece è vista come ciò che sta oltre l’esperienza terrena la quale diventa un evento, una forma che la vita può intraprendere. Però lo scostamento non è solo in una questione di interpretazione o di vocabolari: in tali considerazioni, infatti, sta il bivio tra il considerarsi in un sistema nel quale non ci si può mai sentire del tutto partecipi e il considerarsi come elemento attivo perché libero dalle limitazioni. Queste congetture non sono per criticare chi ha una visione diversa o addirittura opporcisi perché sappiamo bene che se contempliamo la realtà come infinita allora la Verità stessa che ce la mostra è infinita, al di là della forma che prende per farsi a noi comprensibile. Infatti, immaginarsi come creature che vivono esperienze che dovranno prima o poi concludersi non è sbagliato: è di certo il primo passo che facilita il non identificarsi in questa caducità e cominciare a desiderare di capire chi siamo veramente.
Puoi anche aver imparato la morale più alta raccontata nei Vangeli, ma non ti porterà a chi sei veramente finché ti credi soltanto di “passaggio”.