La fotografia è un metodo di
rappresentazione fra i più antropocentrici. Non si può evitare di ingannarne il
fruitore facendogli credere che non sia stato l'occhio di un uomo e la
pressione del suo dito indice a realizzare lo scatto. Altre forme artistiche o
creative possono essere maggiormente annacquate, mentre la fotografia si porta
appresso una condizione di intimità che non si può evitare. La forma stessa
dello scegliere lo scatto attraverso azioni che solo il fotografo può vedere, e
attraverso il suo unico sguardo tramite il mirino, comporta questa intimità,
personalità.
Di certo, si può spiegare - da
questo punto di vista - la fotografia come la meno universale fra le produzioni
di immagini. Pure quando vogliamo rappresentare qualcosa di astratto con la
fotografia, dobbiamo ricorrere a dei soggetti precisi; mentre nelle altre forme
artistiche si può evocare, costruire, raffigurare qualcosa di astratto o un
oggetto che prima non esisteva.
Alla luce di queste riflessioni,
colgo il mio modo di fare fotografia come completamente sbagliato perché è un
utilizzare scorrettamente il suo dispositivo. Come usare la pittura per fare
letteratura o la tipografia per dipingere…
Nella foto qui riprodotta, si
vede un panorama di un parco nella periferia di Roma, nel fondo ci sono delle
strutture, forse dei ruderi. Vagavo con un amico attraverso quei boschi, ogni
tanto salendo su degli edifici antichi lì abbandonati; ma quello che volevo era
appunto che il ricordo, i nostri discorsi e quello che avevo di fronte si
fondessero in un'unica immagine. E in quel momento, addirittura, già avevo
un'idea di come sarebbe venuta la foto perché avevo sistemato l'obiettivo in
modo da avere quell'impressione e scelto una pellicola che fallisse
nell'intento per un'alterata sensibilità: era un kodak scaduta da 60 anni. Mi
aveva fatto piacere usarla anche solo perché avevo aspettato il momento ideale
per vedere i risultati che avrebbe dato.
Invece, l'idea di questa serie di
foto mi è giunta dal sentirmi sopraffare dalla bellezza di Roma, quasi un non
poterla recepire e gestire tutta. Perché proprio quella città vive così
l'antichità che offre: molto frequente è scorgere tracce dell'antica Roma,
anche enormi pezzi di palazzi che una volta scovati, vengono recintati e
protetti. Facendo attenzione, ne notavamo ovunque e è impossibile quindi solo
annotare tutte queste presenze e averne cura… di conseguenza, anche
semplicemente la plausibile spesa per gestire il fazzoletto di prato che
circonda ciascun rudere è incalcolabile per la città, per il nostro paese. Sono
tutte queste osservazioni che mi hanno fatto percepire quello stato di
sopraffazione - una ricchezza ingestibile. Allora ho iniziato a soffermarmi su
come alcune antichità venivano come ignorate e diventavano parte integrante
dell'arredo urbano o privato oppure sporcate da scritte perché non
riconosciute; anche poco prima di giungere in quel parco, siamo passati di
fronte a un condominio che aveva incluso nel giardino un enorme porzione di
acquedotto romano… non si può non costruire edifici per riguardo di questi
ritrovamenti e così questo banale condominio convive con un patrimonio di
importanza archeologica che se fosse altrove sarebbe invece messo in rilievo.
Non vedo l'ora di tornare a Roma.