28/12/22

LA MENTE RAZIONALE COME SPINTA O FRENO - IL GIORNO DELLA SALVEZZA capitolo 20

Qui di seguito il ventesimo capitolo del nuovo libro che ho scritto 

IL GIORNO DELLA SALVEZZA

che è il diretto seguito del Vangelo Pratico, edito da Anima EdizioniSpero così di fare cosa gradita a coloro che desiderano conoscere meglio il Vangelo Pratico e sapere come continuano gli approfondimenti. Attendo i vostri commenti e le vostre opinioni, anche in privato.


 LA MENTE RAZIONALE COME SPINTA O FRENO




Le immagini sollecitate nel precedente capitolo a riguardo della realtà, il Padre e l’universo con la sua armonia non hanno lo scopo di portarci verso visioni astratte e ipotesi irreali. Il passaggio importante che vi dobbiamo trarre è che fino a quando ci si basa sul consueto modo di relazione con il mondo esterno, non potremo mai ottenere cambiamenti rivoluzionari come qui trattati. Né raggiungere una più ampia e rinnovata comprensione facendo riferimento alle informazioni che già si sanno.
Il vantaggio stupendo che l’essere umano ha nello sperimentare questa vita è la mente razionale. La quale permette di abbracciare gli imprevedibili dettagli che stiamo scoprendo. Tuttavia, essa diviene del tutto inutile o controproducente se le lasciamo pieno controllo. Attraverso la ragione, infatti, l’uomo è in grado di poter espandere i propri pensieri fermi a limiti che invalicabili sono solo in apparenza.
Si potrebbe affermare che si è presa l’abitudine di considerare la mente razionale come lo strumento per ottenere il parere razionale su ogni cosa ci capiti. Invece, la mente razionale è un vero e proprio trampolino verso qualsiasi ulteriore direzione, senza possibilità di vederne i limiti. La ragione viene sfruttata per lo più per avere ragione, e ciò non è razionale dato che sappiamo che nulla può esattamente essere considerato in un modo soltanto. La ragione, quindi, può essere riconosciuta come l’appropriato sistema per poter facilmente convivere con esseri diversi (le altre persone) perché rende accettabile la possibilità di omologare le esperienze che si condividono. Tale caratteristica è certamente fondamentale, tuttavia ci permetterebbe una convivenza che potrebbe essere descritta non troppo al di sopra di quella caratterizzante soggetti di qualsiasi altra specie: animali e inferiori agli animali. Quel guizzo in più che ci offre la nostra mente deve sicuramente garantirci uno stadio più elevato dell’animalità. E non confermarcelo.
Infatti, la mente razionale può essere parimenti utilizzata per spingere i ragionamenti anche oltre l’avere o no ragione sulle cose. Il rischio, altrimenti, è innalzare di importanza quanto può essere riscontrabile a seguito di prove tangibili. Ovvero, l’attitudine a credere più a esperti esterni che confermano ipotesi piuttosto che alle proprie intuizioni. Una tendenza, infine, a mettere al centro la materialità, il concreto, in luogo, piuttosto, di una tendenza a elevarsi da tali limitazioni.
Razionale non è affermare che una data cosa sia in un modo e non in un altro, ma ammettere che è così qui e ora; in un altro contesto potrà essere diversamente. La razionalità allora sarebbe solo lo strumento che permette all’essere umano (a differenza, ad esempio, degli animali) di facilitare i propri pensieri a dirigersi verso destinazioni imprevedibili. Il chiaro metodo per registrare intuizioni tanto descritto nel precedente volume ("Vangelo Pratico").
È adoperando in questo modo la mente che si può concepire di amare la propria croce. E pure di constatare il danno che si fa nel non amarla, come, ad esempio, il fare la guerra a chi consideriamo dei nemici. Difatti, come varie volte abbiamo notato nel corso delle nostre esposizioni, la medesima dinamica è avviata quando si verificano eventi che si possono giudicare positivi e costruttivi. Malgrado ogni elemento sia unito, tutto l’universo ci appare duale così l’oppressore e l’oppresso sarebbero in realtà la stessa persona. Ed è raggiungendo tale consapevolezza che colui che vuole mettere fine all’oppressione potrà effettivamente ottenere i risultati voluti. Non facendoci la guerra, che equivarrebbe a fare la guerra a se stesso. Tuttavia, si sottolinea che la consapevolezza di ciò deve essere per davvero raggiunta, non la si può solo sapere. Bisogna esserla, come a dire che la si deve realizzare, non basta leggerlo in un libro. Il percorso per poterlo realizzare è seguendo quanto la vita propone, in quanto le esperienze saranno la via ideale per imparare quanto necessario.
Tecnicamente, non è che se voglio arricchirmi mi basta pensarlo e il mio conto corrente aumenterà miracolosamente, come in un esempio passato bastava il pensiero per far sbocciare un fiore. Ciò potrà anche essere possibile, ma solo a seguito di un cambio di coscienza. Il quale porterà a scoprirsi non separati, ma parte del tutto a cui stiamo partecipando: in una forma distinta seppure la medesima sostanza. Come la cellula di un organismo che si rendesse conto di essere contemporaneamente distinta e appartenente a una totalità; nella quale la cellula è presente come in essa vi è il DNA dell’intero corpo. Così è l’essere umano con l’universo.
Una prova di ciò è offerta proprio dall’ordine che armonizza l’universo. Ordine che permette proprio la sequenza di esperienze più adatte a seguito delle quali personalmente si giungerà a scoprirlo. Più si ha fede, infatti, e maggiore sarà l’ordine che si godrà. Mentre il disordine può essere interpretato come un aumento di difficoltà ad accordarsi con l’universo. Gli elementi che vi prendono parte sono sempre gli stessi, non vi è alcuna perdita.
A un test scientifico, si rileva che due particelle sorte insieme si possono passare una informazione all’istante anche se venissero allontanate. Anche se poste a due estremi dell’universo, si ipotizza per far capire meglio questo concetto che mostra l’universo “non locale”. In realtà, non è che si comunicano velocemente o che effettivamente si comunicano un’informazione. È che entrambe le particelle sono una sola, che l’uomo percepisce raddoppiata perché a lui l’universo appare duale. Allora, sarebbe ancora più corretto se considerassimo ogni cosa presente nell’universo come se concentrata in un unico contesto. Non si può aspirare a fare esperienza di fusione con il tutto senza considerarsi allo stesso momento sia un elemento unico e distinto, sia la totalità (il contesto stesso).
Maggiormente io sono convinto di essere una particella distinta dal resto del corpo, ovvero maggiore è lo spazio che lascio al mio ego di imperare, e meno ordine posso godere (ad aiutarmi ad accordarmi all’universo). Minore è l’importanza che do al mio essere distinto e indipendente dal tutto e maggiore sarà la complementarietà e la simmetria con tutto il resto.
A questo punto, bisogna evidenziare che più ci si mette in sintonia con il tutto e maggiormente si perde la propria coscienza. Ciò acquisisce un valore solo nell’esperienza che comporta infine un mettersi in sintonia con qualcosa di infinitamente più grande di noi. E infinitamente vitale come l’amore divino di cui qui trattiamo.
Tale precisazione va fatta perché lo stesso sistema avviene anche laddove si voglia svuotare le persone per indurle a obbedire. Come un esercito dove i soldati vengono omologati fino nelle azioni e nei gesti più semplici in modo che essi si accordino a una comune risonanza. Oppure gli operai in una catena di montaggio o i cittadini che vengono spinti a consumare e votare in modi predefiniti. Bisogna riconoscere come possibile un ritrovarsi tutti suggestionati come quando si ascolta una musica: è fondamentale fare attenzione, pertanto, a chi si pone sul podio del “direttore dell’orchestra”. Più una persona è consapevole (votata a diventare un eletto, come ci si esprimeva in un precedente capitolo) e maggiori sono le opportunità di divenire un ricevitore di informazioni stimolanti libertà e realizzazione.
Precisazioni su tale aspetto sono, allora, a dir poco fondamentali per cogliere l’attuabilità della pratica. Il divenire consapevoli della realtà in cui si è inseriti è frutto di un processo che è il risultato di esperienze dirette e non per intermediazioni. Non avviene, pertanto, nel sentirsi uniti sotto il manto della stessa religione, o nell’appartenenza a un gruppo politico, a una tifoseria sportiva oppure nella schiera di coloro che sono convinti di una particolare chiave di lettura sulla realtà. Se così fosse, si rimarrebbe allo stadio in cui si subirebbe una innumerevole varietà di probabilità per la propria vita perché non si arriva a percepire autonomamente la via da prendere.
Semmai, è arrendendosi a qualcosa di infinitamente più grande, anche di tutti quei gruppi e leader che garantiscono i risultati a cui si aspira.
In conclusione, è con la razionalità che si ha accesso a una visione più pura sulla realtà da non sentire il bisogno di dover far parte di un gruppo per convincersi di essere in grado di determinare il proprio futuro e modificare così la realtà. È con il corretto uso della razionalità che una persona può scoprirsi distinta e contemporaneamente unita al tutto. Come un’onda del mare che grazie al suo essere onda si differenzia dal resto del mare, ma anche, sempre per il suo essere onda, è il mare. La totalità del mare e una sua particolarità: essere complesso, globalità e la particella.
Nel prossimo capitolo verrà proposta una similitudine per poter fornire delle sfumature di significato a comprendere meglio tale fondamentale passo.




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