17/01/23

DIO E’ UNA PERSONA, E QUELLA PERSONA SEI TU - IL GIORNO DELLA SALVEZZA capitolo 23

Qui di seguito il ventitreesimo capitolo del nuovo libro che ho scritto 
IL GIORNO DELLA SALVEZZA
che è il diretto seguito del Vangelo Pratico, edito da Anima EdizioniSpero così di fare cosa gradita a coloro che desiderano conoscere meglio il Vangelo Pratico e sapere come continuano gli approfondimenti. Attendo i vostri commenti e le vostre opinioni, anche in privato.

DIO E’ UNA PERSONA, E QUELLA PERSONA SEI TU




La prova che porta veridicità a quanto si afferma si trova nell’esistenza stessa di queste affermazioni. Se di esse fosse l’assurdità a vincere, non sarebbero resistite fino a oggi. E la loro persistenza non è tanto nel mantenimento di tale conoscenza e nella creazione di una struttura che la proponga. Semmai nell’incredibile evento che è la stessa messa in moto della realtà così spiegata e nella sua esistenza.
La prova della sua veridicità è così nell’avvenimento incredibile che qualcuno dei nostri antenati abbia in qualche modo captato la verità sull’universo e sia stato in grado di trasmetterla attraverso dei racconti. Che nel caso dell’Antico Testamento si ritrova, ad esempio, nel mito del Paradiso Terrestre, come abbiamo constatato. L’Antico Testamento comprende un’enorme mole di eventi ed episodi straordinari, anche per un lettore contemporaneo; eppure è il libro della Genesi a offrire questa conoscenza che chiunque può avvertire come propria o vicina a sé. Anche se non ne dovesse riconoscere il motivo.
Pure il Nuovo Testamento, seppure riporta fatti avvenuti nell’arco di poco tempo e poche sono le dirette parole pronunciate da Gesù lì riportate, è stato sufficiente per condizionare per sempre le persone fino ai giorni nostri. Anche qui, non è tanto nell’esperienza affascinante del Vangelo e in ciò che il Messia fa vivere a chi Lo incontra, ma nell’evidenza che da allora si sia trasmessa questa fede. Di generazione in generazione, indipendentemente dalla capacità di comprensione del singolo.
Ciò che abbiamo trattato negli ultimi capitoli è qualcosa che va decisamente oltre il senso comune, eppure si è in grado di afferrarlo grazie a questa fede. E a trasmetterlo attraverso i secoli malgrado tutte le limitazioni possibili: è questa la prova migliore che questa conoscenza è vera. Anzi, più correttamente: è viva; è vera perché è vivente, vive di vita propria. E allora si insinua nella mente delle persone malgrado la loro personale preparazione; viene captata dalle intuizioni o appare improvvisamente quando si cerca una strada proprio per raggiungere la Verità.
Così, la mia personale esperienza che mi conduce ad accorgermi della Verità sta a seguito del mio semplice desiderarla. Desiderio che mi spinge a scrivere testi di filosofia religiosa per poter tracciare delle delucidazioni e, così facendo, esse vengono alla luce, benché io non abbia alcuna preparazione universitaria. Come a dire che sia sufficiente uno scostare la superficie torbida per essere capaci di avere una visione limpida di tutto quello che sta oltre. La Verità, quindi, è dietro ogni cosa, è ogni cosa: questa è la prova della sua stessa esistenza.
Ed è anche la prova della falsità in tutto quello che ci appare come vero, che sarebbe solo la maschera dietro alla quale sta confusa la vera realtà. È ovviamente normale affidarsi alla prima percezione delle cose, non si vuole metterlo in discussione; tuttavia, essa è solo la coperta, non la consistenza, il contenuto, la sostanza.
Il medesimo rapporto si evince anche al di là di quello che individualmente possa capitare e dalle scelte che si prendono. Perché le persone stesse replicano l’intero universo dentro di loro e, ugualmente, l’universo rappresenta un macrocosmo del corpo umano.
E l’uomo è pure riproduzione di Dio stesso, come si è lasciato spesso intendere. La Trinità, che è la modalità di esperienza che l’essere umano può avere con Dio in questa realtà, è in lui. Dio, infatti, è: la conoscenza che si desidera raggiungere in questo viaggio, l’esperienza stessa che serve per raggiungerla e la persona che sta compiendo il viaggio.
Un’educazione avvezza al vedere come un peccato di superbia il rapportarsi in modo paritario a Dio impedisce la scoperta che Dio è già noi. Risultato inevitabile se si percorre la pratica del Vangelo.
La stessa conoscenza a riguardo di Dio che una persona può intercettare è vera perché il credente, convincendosene, la rende concreta. Non scordiamo che è l’individuo a creare la realtà (e quanto in essa sia possibile o meno) a seconda dei propri pensieri. Così, come questo può andare a influenzare la realtà percepibile così può andare a costruire un determinato paesaggio astratto. La Trinità stessa, e così ogni immagine che l’uomo può elaborare e provare a descrivere su quanto è invisibile, diventa reale per il solo fatto di credervi. Altrimenti non sarebbe in quel modo, e questo non significa che non esisterebbe ma che per essere percepibile all’essere umano deve prendere quelle caratteristiche che egli pensa che debba avere. Allora, Dio per agire in questo universo non può che ordinarsi in una Trinità per la concezione che l’uomo è in grado di descrivere a sé e ai suoi contemporanei. E di conseguenza, la coscienza universale sarà esattamente in quella maniera: questo testimonia quanto la coscienza individuale e quella pura e universale sono in fondo la medesima cosa. Proprio come le persone, indipendenti le une dalle altre, possono arrivare a scrivere la stessa frase usando una stessa sequenza di parole formate dalla stessa sequenza di lettere, così vanno a costituire in modo identico l’intero universo. Al di là delle particolarità personali, Dio vi si adatta per essere sperimentabile, realizzabile. Come sempre adattabile e sempre diverso può apparire il flusso dell’acqua di un fiume.
Nella molteplicità delle culture mondiali, ogni abitante sperimenta una vita nel medesimo universo perché la Verità che sta in fondo presenta la stessa coscienza come sorgente matrice di tutto. Anche laddove ci si possa confrontare con religioni e movimenti spirituali diversi perché in realtà sono tutti una fede rivolta allo stesso credo. Quest’ultimo si manifesta in innumerevoli interpretazioni, tuttavia è l’immaginarlo in un dato modo che crea reale tale visione. Tutte le fedi, infatti, sono visionarie nel significato appunto che rendono concreto il frutto dei propri convincimenti così che ciò a cui si crede diventa realmente vero e la personale esperienza potrà farne ottenere delle prove. Questa uguaglianza di fondo è un ulteriore testimonio che la pratica del Vangelo non è vana.
Non è importante sostenere che tutti i credi in realtà sono uguali nel loro cuore, perché già sapevamo che la Verità sta solo nella corrispondenza e non nel creare elementi opposti. Piuttosto, è determinante focalizzarsi sulla funzione che ha l’individuo di creare a seguito dell’accorgersi di essere implicato nella coscienza pura, cosmica, creatrice. Se uno può creare la conoscenza è perché egli stesso è fornito di quella conoscenza che ne permette la creazione. E lo stesso processo di (auto)generazione è la conoscenza, per questo si precisa che il singolo individuo che raggiunge la conoscenza può considerarsi pure come la conoscenza e il processo stesso per ottenerla, cioè crearla. L’uomo, infatti, è Dio da questo punto di vista; proprio come può essere visto alla stregua di animale se non considera possibile una connessione con il Padre.
Se si pensa che Dio è qualcosa da noi separato, che non è noi ma un elemento scisso che sta disunito dall’universo, allora questo pure creeremo impedendoci così di intercettare la sua immensità in noi. Così facendo, si può amare Dio e averci un rapporto solo come l’idolo in una religione non rivelata; perché soltanto quando io capisco e accetto di essere Dio, allora Lo potrò amare per davvero. Compiendo la morte e rinascita esotericamente mostrata nel Vangelo. Solo facendo l’esperienza di Dio posso davvero conoscerLo e amarLo; e per fare questa esperienza, devo realizzarLo e quindi viverLo (esserLo). Altrimenti sarebbe come la differenza che passa fra conoscere il sapore di un cibo fantasticando sopra la sua descrizione riportata su un ricettario, invece che tramite l’assaggio.
“Dio esiste ed è una persona, e quella persona sono io” è un enunciato che posso fare quando credo e sono convinto che non significhi che sono qualcosa di superiore al resto dell’umanità e dell’universo intero, bensì che compongo la medesima sostanza come tutto il resto. Lo posso dire soltanto se so che lo può affermare ciascun esponente della razza umana. E lo stesso è accettabile e valevole per qualsiasi essere senziente dell’universo. Non esiste in realtà alcun possibile solipsismo o anche una semplice unità di voce: l’intero universo è in verità una concorde orchestra. Come non desiderare di partecipare con la propria musica che imprevedibilmente vi si accorderà?




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