11/01/23

VITA PARADISIACA - IL GIORNO DELLA SALVEZZA capitolo 22

Qui di seguito il ventiduesimo capitolo del nuovo libro che ho scritto 

IL GIORNO DELLA SALVEZZA

che è il diretto seguito del Vangelo Pratico, edito da Anima EdizioniSpero così di fare cosa gradita a coloro che desiderano conoscere meglio il Vangelo Pratico e sapere come continuano gli approfondimenti. Attendo i vostri commenti e le vostre opinioni, anche in privato.


VITA PARADISIACA


La vita in unione con l’Assoluto è rinvenibile quando si fa esperienza delle cose in modo autosufficiente. Non è che ci si sposterà a vivere altrove, in un altro luogo o in un’altra dimensione, oppure che essa sia dopo il decesso; sarà in un percepire gli eventi attraverso un’altra prospettiva.
Si condurrà la vita solita: come abbiamo constatato è il trovare nuova visione nelle cose di questa realtà a portare a una diversità, nulla di più. Ma questa diversità sarà irreversibile e generativa di imprevedibili esperienze. L’autosufficienza è allora in un essere felici, tristi, sofferenti, gioiosi, soddisfatti, delusi, desiderosi non a seguito di ciò che personalmente ci circonda. Quindi, in maniera autonoma, senza bisogno di attaccarsi a un condizionamento esterno. E questo proprio perché “l’esterno” si inizierà a percepire come illusorio. Nel significato già notato: un mero espediente per centrare la vera realtà.
Come può ciò che è di questo mondo arricchirmi di significati o di suggestioni se lo vedo come invece vuoto e posticcio? Soltanto per il fine di accorgermi appunto che è vuoto e che il senso sta dietro di esso.
Questo mondo e questo universo sono estremamente preziosi per questo scopo. Raggiungibile quando si intraprende un’esperienza, come il Vangelo, che praticandola mostrerà la verità. E la verità è che tutto è questa unica e assoluta coscienza nella quale noi siamo immersi. La realtà, creata appositamente come perfetto campo di addestramento a tal fine, verrà poi semplicemente esperita in attesa di una fusione sempre più totale. Nel Buddismo si spiega con una metafora: essere come sale che viene immerso e così disciolto nel mare.
Allora, l’essere umano è una coscienza che si discioglie nella coscienza pura e suprema che per abitudine abbiamo chiamato Dio. La comprensione della descrizione di Dio come una coscienza primariamente, forse viene facilitata da chi pratica una religione nella quale è interdetta la possibilità di raffigurare il Divino. La divinità, infatti, se rappresentata come una persona finisce per essere così immaginata e infine creduta. Io stesso, per consuetudine, continuo a visualizzare la divinità come un essere umano e per giunta di sesso maschile. E, purtroppo, per farmi capire, anche nei testi non ho mai potuto dargli un soggetto neutro.
Tuttavia, le immagini sono state da sempre utilizzate per suggerire la comprensione. La metafora della gravidanza del precedente capitolo, nella Bibbia è spiegata con il mito del Paradiso Terrestre. L’uomo e la donna sono passati dall’Eden a questo mondo proprio per fare l’esperienza terrena; quindi contraddistinta da gioie e sofferenze, ma il fine è il ritorno al paradiso. Il quale significa appunto il ritorno alla coscienza universale dell’inizio, prima della cosiddetta “scacciata” dal paradiso. Quest’ultima è stata un’ulteriore immagine per spiegare la necessità di farsi uomini per così poter intraprendere la via che porterà al diventare coscienti di sé e del Padre. Sarebbe un errore valutare ciò come una semplice conseguenza all’infrazione della regola di non toccare l’Albero della Sapienza. Specie se si ricorda che Dio è eterno e onnisciente. Quello che viene tramandato come l’episodio della tentazione è l’espediente creato da Dio stesso per indurci a scegliere la via per conoscerLo appieno. Essa doveva essere infatti una scelta, Egli non poteva spingerci in questo viaggio senza un nostro iniziale desiderio. Altrimenti ne avrebbe comportato solo un fallimento, e difatti solo gli spiriti che vengono tentati dalla sapienza e quindi dalla possibilità di fare l’esperienza di Dio vengono poi gettati in questo mondo. Il quale non è una punizione, allora, ma la naturale conseguenza del voler conoscere il Padre: è un’estremizzazione dell’amore per il Padre. L’uomo può e deve ritornare a Dio e nell’Eden.
L’Eden, come il grembo generativo di una madre, è come se ospitasse “tutte le anime”. Per traslato, con delle immagini: quelle che non subiscono la tentazione della sapienza rimangono passivamente a stare fuse in Dio. Quelle che vogliono conoscerLo, scivoleranno poi in questo mondo per godere del contesto perfetto per poter fare effettivamente tale conoscenza. Purtroppo, nel diventare terrestri ci si accorge solo di ciò che è terreno e così non si ricorda del perché si è qui. Ecco l’importanza bellissima dei maestri che insegnano la via.
Anche l’interpretare il libro della Genesi come un riferimento a eventi storici, invece che mitologia, rende la comprensione difficoltosa. L’episodio della tentazione, ad esempio, viene inteso come adescamento e non come impulso, desiderio. Non si tiene conto che il Paradiso nel quale siamo destinati non è semplicemente un ipotetico piano sopra le nuvole dove stare a tempo indeterminato dopo il decesso assieme agli angeli e tutte le persone morte finora. Esso è nuovamente il Paradiso di Adamo ed Eva, al quale si torna quando si ha consapevolezza di Dio. Si ritorna nel baccello dal quale ci si era separati per fare questo percorso. A tal proposito, infatti, più volte nel Nuovo Testamento si spiega che praticando il Vangelo si muore per rinascere a vita nuova. Non è che si va in Paradiso a seguito della morte di questo corpo, ma quando si scopre che questo corpo e questa vita terrena non sono in realtà viventi, la vera vita. Questa è una conseguenza del perché ci si può sentire sicuri nell’affermare che tale percorso può durare anche più vite terrene: fino a che non muore la nostra coscienza di essere anime separate e ci si arrende all’essere coscienza eterna, non fino a che non muoia il corpo fisico.
Per farci fare questo cammino, il Padre utilizza qualsiasi soluzione, anche quella del “serpente tentatore”. Proprio come usa Satana per tentare Gesù nel deserto, sicuramente allo scopo di facilitare la Sua successiva missione e nostra comprensione.
Il nostro posto, la vita effettiva di ciascuno di noi è nel Paradiso. Il quale non è un’ulteriore terra raggiungibile dopo la morte. È il paradiso iniziale, dal quale siamo scaturiti: lì si ritorna non appena ce se ne accorge. Ci si è riempiti di troppe formalità e troppe idee su come deve essere l’Aldilà e Dio. Se invece si decidesse di volerlo semplicemente ricordare, perché già lo si era, si vedrà che non è che bisogna fare ipotesi su come è l’Aldilà perché esso non esiste. Per il motivo che manca il presupposto di un effettivo, reale, “aldiquà”.
L’indirizzo di Dio ad Adamo ed Eva di procurarsi il sostentamento con il sudore della fronte e di partorire con dolore, non è l’epitaffio di una punizione ma il trasmettere l’informazione su come deve essere affrontata e superata nella maniera più effettiva l’esperienza: tramite la vita terrena.
Tutto ciò avviene grazie alla compresenza di tre agenti: Dio che crea il tutto, lo Spirito Santo che veicola l’energia divina che permetterà all’uomo di inabissarsi in questa realtà e venirne fuori e Gesù che mostra la via per rigenerarsi e così finalmente realizzarsi in Dio. Questa Trinità è il tutto e ha anche concretizzato tutto, Essa è la coscienza universale, suprema: la vita. Tutto quello che io posso affermare per descrivermi ha a che fare con la realtà illusoria, quello che va oltre a ciò è me ritornato a vivere nell’Eden.
Così, mettendo da parte la possibilità di darne una descrizione esauriente, rileviamo con fiducia che anche in altre religioni è presente la Trinità. Ovviamente con altri nomi, ma sempre finalizzata a creare, permanere e infine distruggere quello che si crede vero. Vengono adoperate metafore differenti per trasmetterlo, oppure molto simili a quella tramandata a noi dal libro della Genesi. Tutto il mondo è da tempi immemorabili sintonizzato sulla stessa frequenza che lo pungola per far ricordare chi si è e da dove si viene. Poi, per trovare il modo per ritornarvi si sono diffuse varie credenze e dottrine, a seconda delle differenze culturali, malgrado fossero partite dalla stessa conoscenza. E pure le varie credenze si sono a loro volta modificate nella Storia e hanno comportato aggiustamenti nella trasmissione della Verità stessa. Le differenze, è normale, di conseguenza, che ci siano. La trama che vi sta dietro, però, è la medesima perché si tratta della stessa energia che ci alimenta. Considerare le varie religioni dei modi distinti per spiegare l’invisibile, non le mostrerebbe come delle religioni, ma dei semplici punti di vista, delle filosofie. Come sappiamo, esse fanno schierare le persone allo stesso modo delle tifoserie calcistiche, quando si fanno differenze. Le religioni sono “solo” dei veicoli per risvegliare la coscienza alla Verità, alla coscienza pura e libera che è Dio.
Le varie credenze e religioni sono come i tanti diversi fiori in un prato. Tutti hanno avuto un’evoluzione a sé stante per essere così caratteristici, ma tutti sono sorti dalla medesima spinta iniziale che misteriosa sollecita dal nulla il seme a germogliare. Ogni cosa, anche una dottrina spirituale ha una vita perché è attraversata dalla vita. La quale è la stessa, unica, indivisibile.
Giungere nel XXI secolo senza sapere nulla di ciò è l’unica colpa alla quale vale la pena rimediare. L’unico teologico peccato originale.



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