03/07/14

Le ultime riflessioni fatte sulla fotografia digitale, mi hanno fatto accorgere che io non la posso produrre perché ho il computer rotto, mentre un mio amico, per nulla esperto in materia, può tranquillamente ritoccare tutte le foto souvenir del suo ultimo viaggio. Questo strano paradosso, mi ha fatto pensare che solitamente il ritocco nella fotografia non ha fatto riformulare il concetto di fotografia, come invece è successo in altri settori che hanno a loro volta introdotto il digitale. Evidentemente, la fotografia rappresenta quello che viene considerato come il reale, che, seppure dovrebbe essere indiscutibile, è comunque sempre un punto di vista soggettivo, e quindi il ritocco fotografico può avvenire in un modo abbastanza libero da regole. E quel che è più rilevante, senza ancora alcuna posizione sull'accettabilità o no di un'immagine ritoccata. Così, è accettata la foto di un soggetto che viene completamente ritoccato o un collage di varie foto, proprio come se fosse un normale scatto.
Se è così diffuso il ritocco nella fotografia, come facciamo a credere ancora alla sua onestà nel testimoniare la realtà? Non ha senso, visto che molte altre tecnolgie sono state allontanate non appena si è scoperto che non riproducevano al meglio le cose come stanno: ad esempio, per il suono, gli strumenti più aggiornati prendevano posto di quelli precedenti che così sparivano poiché proponevano un suono che, con le macchine successive, veniva scoperto sporco e quindi inaccettabile... La risposta è, secondo me, che la fotografia ha a che fare con qualcosa di molto intimo, quotidiano per noi.
Non lo so, a questo punto del ragionamento mi perdo; perché è come se sapessimo tutti, visto che teniamo in considerazione che una foto non sia affidabile, che la realtà che vi troviamo raffigurata sia fittizzia. E allora perché non rigettiamo la fotografia? Credo che bisogna inziare anche qui a fare un po' di ordine. La foto può essere una bugia, ma anche oggettiva realtà: dove individuare il confine? Proviamo un esempio: anche la parola, come la foto, è un canale per comunicare, e con le parole infatti posso trasmettere una cosa totalmente inventata come raccontare un evento come effettivamente è accaduto. Però, anche quest'ultimo subirà l'interpretazione personale essendone io l'autore.
Devo confessare che all'avvento del digitale mi ero convinto che tutte queste osservazioni sarebbero finalmente svanite perché la foto sarebbe stata prodotta principalmente dall'azione di un software, e quindi avremmo avuto delle immagini di momenti proprio così come appaiono davanti ai nostri occhi. Ma queste cose si sarebbero risolte, effettivamente, se anche noi avessimo nella mente lo stesso software per leggere l'immagine. Una volta, avevo pensato di poter sbrogliare tutto ciò costruendo una macchina fotografica che facesse delle foto proprio come è la realtà senza alcun filtro fotografico. Per i meno esperti, bisogna precisare che le lenti degli obiettivi delle fotocamere sono preparate in modo tale che l'immagine prodotta venga fuori identica al modo in cui la media delle persone vede: l'occhio umano vede non obiettivamente come è la realtà e quindi le lenti devono creare le giuste aberrazioni altrimenti il prodotto della foto sarebbe per noi diverso da come vediamo (inaccettabile oppure non percepibile (?)). Ma ho rinunciato a questa idea, non sapendo proprio come è la realtà vista in modo oggettivo e non attraverso il mio occhio. Qui come vedono altre creature: 
http://www.focus.it/ambiente/animali/Come_vedono_gli_animali_C12.aspx



01/07/14

Farsi un "selfie" equivale a fotografare se stessi mentre si compie una performance. La possibilità di fotografare così incessantemente (grazie alle nuove tecnologie non si fotografano più solo i momenti speciali ma tutto ciò che si incontra durante la propria giornata) rende la foto un'esperienza e non più un supporto o un "oggetto". E' diventato un modo di comunicare sempre più affine ai metodi più naturali e personali come la comunicazione verbale e quella non verbale. Ricordo che agli esordi di tutto ciò, si parlava delle macchine come un prolungamento di se stessi: ora lo è un po' più chiara questa definizione. Quand'ero bambino, sognavo una qualche tecnologia fantascientifica che permettesse di scattare foto, in un istante, di quello che vedessi con gli occhi, con il semplice battere delle ciglia: questa tecnologia esiste.
Quello che piuttosto bisogna domandarsi è il motivo per cui una persona dovrebbe fare una cosa simile. La risposta è identica al perché una persona dovrebbe essere tabagista. Infatti, come si arriva a fumare senza accorgersene, ovvero con indifferenza, con indifferenza la montagna di foto viene inserita in internet senza curarsi come (e se) queste foto verrano mai fruite e da chi... Io stesso scatto le foto con il cellulare non sapendo il perché e quindi chi ne sarà il loro destinatario. Lo si fa perché è possibile, non c'è più bisogno di discrimare e selezionare la scelta dello scatto come quando si aveva una pellicola... esauribile.
Compreso questo, ora mi viene la tentazione di fare un passo oltre e, tenendo presente che fare foto è un'esperienza, realizzo che sarà nata pure l'abitudine di fotografarsi nelle situazioni più intime, che di solito non trovano spazio su facebook. Ad esempio, mentre si fa sesso: sicuramente esisterà un qualche sito in internet dove poter caricare quel genere di selfie... Vedi: https://twitter.com/sexselfies Sta diventando ordinario per ciascuno di noi, insomma, dedicare parte delle giornate a guardare foto e video altrui anche se non ci interessano o non ci servono... e anche se non vogliamo, visto che siamo immersi in questo oceano di foto che non hanno una ben che minima distanza da noi e funzione.
Per funzione leggasi che fino ad allora le foto venivano rese pubbliche perché avevano un ruolo informativo pubblico, mentre attualmente, oltre alle foto con questa funzione, ci sono tutte quelle di cui ho scritto ora e che c'entrano solo con se stessi, a mo' di "autismo" (neanche "masturbazione" che implicherebbe un piacere che qui non c'è). Quando il mostrare le proprie foto ha smesso di essere un momento privato e condiviso solo con le persone che sceglievi per condividere il momento testimoniato dagli scatti?
Tutto ciò non implica l'essere tolleranti o contrari al voyeurismo, ma il fatto che avviene nell'indifferenza che possa esserci o no del voyeurismo... Io stesso sono affascinato da questo aspetto del digitale non tanto per il contenuto degli scatti, ma per i particolari tecnici: come possibile salvare una mole simile di immagini e archiviarla? (visto che si parla principalmente di produzione di immagini piuttosto che di fruizione) E anche: come lucrarci?

La fotografia viene universalmente considerata come testimone della realtà. Tuttavia, è impossibile utilizzare la fotografia per questa funzione, oggigiorno, a causa della mole enorme di immagini che la nuova tecnologia permette. Ovvero, è impossibile storicizzare tutte le immagini prodotte e quindi è arduo leggere la Storia attraverso la foto.
Stavo ragionando su questo quando cercavo di capire se avesse ancora senso riflettere sulla fotografia ai giorni nostri. Capire come potrebbe essere fattibile una storicizzazione (o anche solo partire con un'archiviazione) di tutte le immagini che vengono attualmente prodotte è l'argomento che merita le più immediate soluzioni. Forse, si potrebbe semplicemente aspettare che tutto diventi obsoleto e perderlo come stiamo perdendo la Storia tramandata con supporti non più utilizzati: vinile, pellicola... e ripartire da zero?
Forse, c'è da aggiungere, che una delle cose che più mi irritano delle nuove tecnologie è che mi fanno sentire di essere diventato un'immagine, una copia, o al massimo la matrice o la pellicola. Sono un prodotto fotografico, video, ci sono forse più dati di me (e io contribuisco ad aumentarne, anche ora) che azioni da me compiute. Utilizzando così tanto queste tecnologie non mi contraddico, perché quello a cui tendo è trovare quel nuovo canale che sarà ancora più ampio, massiccio, forse totale che sostituirà l'attuale e internet. Qualche cosa in cui ci sarà talmente tanta dispersione da comportare una fusione. Se mi piace, non lo so; ora lo immagino attraverso la mia arte, ma se guardo alle nuove generazioni nate nell'era digitale, mi pare tutto talmente noioso... Perché trovano equivalente l'esperienza reale con quella mediatica\digitale; eppure ricordo che guardavo con vera speranza la capacità e produttività incontrollabile del digitale e la sua rielaborazione pixel dopo pixel: un mio progetto di allora, qualche anno fa, era appunto modificare il software di una fotocamera digitale in modo da avere già con uno scatto, un'immagine distorta; cosa che ho poi optato di fare modificando una macchina a pellicola. La foto che non propone la realtà ma una leggenda.
Di tutto ciò, quelle che isolo come questioni principali sono: la possibilità di poter comunicare esclusivamente con immagini; di connettersi tramite immagini; di sovrapporre più tempi cronologici, grazie a internet, e poter fare propri qualsiasi tipo di evoluzione. Ovvero, la potenzialità della fotografia non solo come campo artistico ma anche come campo sociale; quindi, tornando al discorso iniziale, trattare in modo parallelo la fotografia sia nella storia dell'arte che della società, cioè come gli artisti e le famiglie ne fruiscono... Senza simili distinzioni si continuerà a fare confusione. L'esempio più grande di questo pensiero sono i cosidetti "selfie": cosa è successo per cui non potessero essere più considerati semplicemente autoscatti?: ne è cambiata probabilmente la funzione, l'esecuzione, la circolazione... Cosa succede al soggetto quando si fa un selfie? Deve sicuramente percepirsi in modo diverso, (prova ne è che, una volta, una persona per strada mi ha chiesto di farle un selfie!) quindi questa, seppure può apparire patetica, è una potente rivoluzione.