28/11/14


La fotografia deve essere un'immagine adoperata. Ovvero, deve avere un aspetto di oggetto usato senza alcuna traccia di nitore. Le foto sono sempre esistite come souvenir che le persone si portano appresso lungo la vita, quindi è bene che trasmettano questo senso di usura. L'immagine "più fotografica" è pertanto quella che mostra consunzione o filtri come le vecchie foto oppure la stampa grossolana su un quotidiano.
Questo mette in scena il paradosso che secondo me sta nel cuore della foto e che è al centro pure della mia ricerca. Precisamente, la foto è foto quando non è chiara (a causa della consunzione o della mediocrità della qualità) eppure la sua funzione è in teoria quella di essere chiara. Specialmente se si considera che in conseguenza a questa funzione ha sostituito la pittura.
Quello che intenderei fare è esporre due copie della stessa foto, di cui una è preservata in modo scrupoloso come si fa con le piante o gli animali imbalsamati al museo e l'altra successivamente alla sua fruizione nel corso di una vita. E quindi consunta, maneggiata. Quelle che sto producendo in questo momento, sono immagini che contengono entrambi questi aspetti in un unica composizione.
Quindi, abbiamo due punti che entrano in contraddizione: la funzione della foto, che la pretende e la produce nitida per poter trasmettere la realtà in modo pulito, e la sua esistenza, che la pretende e la produce spuria, conseguenza dell'uso. Nessun'altra arte è così, non trovando contraddizione: la scultura del Michelangelo o del Canova, seppure di marmo ti suggerisce che la superficie del soggetto rappresentato sia morbida e consistente come la carne; la pittura testimonia ma mantenendo presente quello che fa la pittura, cioè l'interpretazione del pittore. La fotografia, invece, si porta appresso questa dicotomia perché è nata non pensando all'arte, è nata come oggetto di uso quotidiano. Il fatto di pensarla come medium artistico è conseguente al suo essere immagine; cosa che potrebbe essere equiparata alla filatelia o alla numismatica, eccetto per una capacità che la distingue da tutto: l'immagine la puoi produrre da te. E questa produzione avviene in modo automatico e istantaneo, con una macchina, senza cioè lo studio e l'applicazione dell'arte o della scultura ma con il semplice premere un pulsante.
Allora, forse, la fotografia non è arte ma lo è semmai l'uso che se ne fa. L'arte della fotografia non sta nello scatto ma nel modo in cui si utilizzerà il prodotto di quello scatto. Ovviamente non è (sempre) così, perché può esistere un'intenzionalità nel modo in cui fare lo scatto; ma non nasconde che la natura della fotografia non è quella artistica, e quindi paradossalmente non è di essere contemplata, ma di uso quotidiano, quindi è di essere usata.
A causa di queste riflessioni, se dovessi guardare all'attuale produzione nella fotografia non vi troverei alcuna direzione. E' un errore o diventa qualcos'altro quando lo scatto fotografico viene stampato ed esposto allo scopo di essere contemplato. Ma essendo la natura della fotografia contenente un paradosso, è inevitabile che essa non possa suscitare un'ambizione decisa. Voglio che con il mio prossimo lavoro, che è gestito anche da queste riflessioni, si possa finalmente affermare: ecco questa è la fotografia; e allo stesso modo che si possa affermare: ecco questa foto non è una foto. -perché soppesa ed equilibra entrambe le forze-

26/11/14


Continuerò a seguire l'arte italiana del Novecento perché è quella che contribuisce ai maggiori passi avanti nei miei ultimi lavori. Anche in vista delle nuove immagini che intendo realizzare durante la mia prossima residenza a Zurigo. L'interno che invade la scena.