10/04/22

Né guerra né pace




Uno dei passaggi del mio libro che ha ottenuto maggiori commenti è quello in cui si precisa che chi è contro la guerra sta avendo lo stesso intento di chi invece è a favore; per il suo essere “contro”. Visto che attualmente l’opinione pubblica ha deciso di definirsi in emergenza per la guerra, mi sento nella libertà di dare un’opinione a riguardo.

In tale passo del mio libro, si usa in quel modo un argomento così delicato, come la guerra, perché non ci fossero dubbi nell’affermare che l’uomo ha responsabilità in quello che succede a lui e alla realtà che vive. Non accorgersi di ciò è un credere di essere alla mercé degli eventi, senza alcuna corrispondenza con la vita. Invece, il modo in cui si è produce dei precisi effetti nel mondo. Proprio come i frutti di un orto saranno maggiori, più buoni e più sani se il contadino ci coltiva con cura e serenità, invece che trascuratezza e noia; lo sappiamo tutti che è così, anche se non sappiamo spiegarcelo.

Ed è così se reagiamo a un conflitto (come per qualsiasi problema) con ulteriore conflitto, con la premura di schierarci da una parte oppure nell’altra, nel riconoscerci in una bandiera. In questo modo abbiamo già fatto in passato ed è così che abbiamo permesso che si ripetessero gli stessi problemi. E, probabilmente, il nostro dividerci di oggi metterà le basi per i conflitti a venire. In un mondo senza pace non può che esserci guerra.

Ora stiamo uscendo da un periodo di emergenza che abbiamo affrontato come un conflitto accettando che la popolazione venisse divisa in gruppi, impedendo ad alcuni di accedere a servizi ai quali una volta accedevano e permettendo ad altri di potersi muovere liberamente. Con simili discriminazioni, onestamente, pensavate che il mondo dopo l’emergenza sarebbe risultato più unito, sereno, in pace? Vi pare logico, vi pare che abbia una consequenzialità? All’interno delle stesse comunità, addirittura fra amici e familiari, si sono formati schieramenti contrastanti e a volte litigiosi: possono atteggiamenti simili favorire un mondo di pace, dialogo e accordo? In altre parole: davvero ci dovremmo sorprendere se ci sono guerre nel mondo?

Non si vuole sostenere, ovviamente, che la guerra di cui si parla tanto oggi nei tg sia una diretta conseguenza di come abbiamo affrontato la crisi della pandemia, ma si vuole ricordare (senza la pretesa di salire in cattedra ma con il desiderio di far scorgere un diverso punto di vista) che non può sorgere pace se si crea divisione, e specialmente non può sorgere fra chi quelle divisioni le fomenta. E non per critica, che si dice così, ma perché questo è il naturale sviluppo della nostra realtà, proprio come l’esempio di più sopra dell’orto e del contadino. La pace è nell’assenza di schieramenti e di divisione, eppure si crede che pace significhi rinforzare così tanto il proprio schieramento da impedire i conflitti (perché si è così forti che nessuno ha il coraggio di “alzare la cresta”).

Siamo così abituati a schierarci che arrivati alla fine di questo testo forse anche voi sarete giunti al punto di sentirvi a favore o contro quanto ho scritto. Ma non è il mio obiettivo, né voglio far sentire nessuno colpevole o farmi vedere superiore “perché l’avevo scritto già”… Semmai, guardiamo anche quest’ennesima crisi come un’opportunità per osservare come reagiamo personalmente, come ci comportiamo e quindi diventare più consapevoli di noi stessi. Provare a leggere la realtà senza differenziare quello che c’è dentro di noi con quello che succede fuori… Certamente non si nega che le guerre derivino da conflitti storici e politici ben precisi, ma considerare che essi forse non ne siano la causa ma piuttosto conseguenza dello stato di coscienza del mondo. E quindi nostro.

Senza schierarci a favore o no di queste parole, domandiamoci, senza risponderci subito se si è d’accordo oppure no, ma in pace, senza per forza stare sulla difensiva, domande come: ma se non esistessero gli schieramenti, ci sarebbero le guerre? Esistono solo la realtà e le soluzioni raccontate dai tg? Può esserci la pace se per parlarne dobbiamo schierarci? Se abbiamo bisogno di schierarci, abbiamo bisogno di guerra, anche se nel sincero desiderio di pace.

Non schierarsi non significa indifferenza o insensibilità, ma “semplicemente” assenza di giudizio. E se non si giudica, si prende parte a ogni cosa, senza differenze e senza divisione. In tutti gli schieramenti poiché non ne esisterebbe nessuno. Con questa prassi, si toglie nel mondo la possibilità di conflitti… in noi, che significa anche con gli altri, con tutto, con ogni cosa.

Allora non esisterebbe la pace perché non sarebbe contemplabile la guerra se sappiamo di essere ogni cosa… Se no sarebbe come fare la guerra a sé stessi.








02/04/22

Creare anche se non si è artisti. In dialogo con l'ex artista Tizzi da Gorizzo


 

La creatività fa parte dell'esperienza umana e permette anche di agire in modo unico. Questa unicità che si offre è anche un contributo per sé, per il proprio progresso... così che anche la propria vita può ospitare risvolti imprevedibili. La persona più adatta per parlarne è un'artista che grazie anche al percorso nell'arte arriva a un punto oltre il quale non realizzerà più... arte. Una decisione presa con la serenità e la consapevolezza che anche un cambio così radicale non è una perdita ma una fonte di inaspettate novità.
Lei è Tiziana Pagotto (Tizzi da Gorizzo quando partecipava alle mostre d'arte) e la incontriamo quando mi regala i suoi lavori creati con i versi delle mie poesie.
Per vedere altri suoi lavori: https://www.vangelopratico.com/2022/0...
L'associazione Porto dei Benandanti più volte citata nel video: http://www.portodeibenandanti.org/
La performance "Ferpormance": http://www.vangelopratico.com/2019/11...