20/08/21

"Voi avete gli orologi, noi il tempo."

Qualche giorno fa ho riallacciato la mia amicizia con lo scrittore afgano Fawad e Raufi grazie alla coincidenza di ritrovarci ad abitare abbastanza vicini. Abbiamo parlato a lungo della situazione attuale del suo paese d'origine viste le notizie allarmati che da là arrivano; e oggi leggo i suoi libri proprio in questo particolare momento dell'Afghanistan. 

I due libri che ha pubblicato parlano proprio degli anni che ha trascorso in Afghanistan e della sua fuga di più di mille chilometri quando ha deciso di allontanarsi dalla guerra. Così, la coincidenza mi ha regalato questa profonda immersione nella realtà afgana attraverso questi intensi romanzi biografici, mentre sto anche assistendo in diretta all'evolversi della situazione di quello che potrebbe essere un nuovo e drammatico capitolo di questa storia. O meglio, sembra di vedere nei notiziari la concretizzazione di eventi scritti nei racconti d'infanzia di Fawad. Anche se dovrebbe essere fantascienza, è come se invece si stesse viaggiando nel tempo vedendo in diretta tv scene che potrebbero essere di tanti anni fa. Né tantomeno si tratta di una qualche capacità di preveggenza che ha Fawad... 

Il fenomeno eccezionale in questione è in realtà come se il tempo, in quel paese, non scorresse, rimanesse immobile. Civili che fuggono per gli stessi motivi per cui sarebbero potuto fuggire decenni fa, e soffrire, sconvolgersi, morire. Vedremo le stesse scene anche nei notiziari del 2041? 

Vi dico cosa mi fa pensare tutto ciò. Viviamo tutti nello stesso posto, la terra, ma non viviamo nello stesso tempo. Incontrandosi, due sconosciuti, sarebbe più utile che si domandassero "da quando vieni?", piuttosto che "da dove vieni?"; perché ci sono regioni che rispetto ad altre sembrano ferme nel tempo o progredire con diversa velocità. Paesi futuristici affiancati da altri congelati al momento che pare il massimo sviluppo che potrebbero mai raggiungere... Con questo, non voglio affermare che è meglio un tipo di società che un'altra, ma mettere in evidenza che deve esserci qualcosa che permette una spinta, e qualcos'altro che invece la ostacolerebbe. E questa cosa è la coscienza, la quale cambia non per motivi di etnia, religione, economia o cultura, ma per le esperienze che l’individuo può fare... Come se le persone avessero bisogno di pensieri, istruzione, virtù, bellezza, arte, esperienze costruttive... per alimentare la propria coscienza. Quello che si ha attorno va effettivamente a condizionare il proprio interno... Dobbiamo assolutamente destarci per non subire che la nostra coscienza riceva una cattiva "alimentazione"! In tal modo potremo intercettare solo quello che personalmente sia costruttivo, e, facendo così, questo può essere a sua volta una buona "alimentazione" per chi ci sta vicino con un'influenza positiva che a poco a poco si diffonderà. Sono convinto che partendo da sé, anche il singolo individuo può innestare un processo di beneficio e pace a tutto il mondo. Sono concordanze come queste, che regoleranno tutti i paesi a un unico orologio ideale per tutti.


info: https://www.facebook.com/FawadeRaufi/

15/08/21

IL TEMPIO NASCOSTO VICINO A CASA MIA

Poco distante da casa mia si trova uno dei pochi mìtrei rimasti in Italia, templi del culto del dio Mithra. Una presenza antica di secoli scomparsa gradualmente per vari motivi tra cui l’imporsi del culto cristiano, le cui origini, tuttavia, si perdono nell’antichità. Il mitraismo era un culto misterico, quindi nessuno al di fuori ne riceveva gli insegnamenti più profondi; proprio come era pure per i primi cristiani, in realtà. A un certo punto, attraversando il Mediterraneo, sembrerebbe che quella prima natura del cristianesimo si convertì però ad ambizioni più ampie: diventare un culto per tutti e alla luce del sole. Per fare questo, si è dovuto mettere da parte l’aspetto intimo degli insegnamenti di Cristo, che prevedevano un’evoluzione graduale del praticante a conoscenze più profonde e segrete. Le conoscenze più profonde, infatti, sono segrete perché non possono essere comprese e accolte se prima non ci sia stata una preparazione. A questo fine, il culto cristiano si è concentrato su messaggi che potessero venir accettati da chiunque trattando di una salvezza dal male che sarebbe acquisibile per il semplice crederci. Una pratica, invece, ha senso se il praticante fa qualcosa, al massimo crede quando “facendo” diventa consapevole; ed è la consapevolezza a trasformarlo.

Com’è noto, il Cristianesimo, per quest’intento di universalità, si è presentato al cospetto dei popoli sovrapponendosi ai culti già esistenti: visitare e conoscere un mitreo è utile proprio per individuare ciò che fa parte di una credenza esteriore e dove dirigersi per rinvenire i messaggi più autentici e funzionali. Infatti, il mitraismo era uno dei culti principali anche nella penisola italiana. Giusto per capirsi: il dio Mithra è portatore di luce e vita, nasce (per la salvezza dell’uomo) da una vergine concepita da Dio e nella notte fra il 24 e il 25 Dicembre in una grotta, resuscitò dopo la morte (avvenuta all’età di 33 anni). E tutto ciò più di mille anni prima di Cristo. Lo speleologo che ci accompagnava nella grotta del mitreo, ci fa notare il bassorilievo raffigurante una figura maschile che indossa un copricapo da sacerdote che rassomiglia a quello che ancora oggi indossano i vescovi cattolici (che appunto si chiama mitra).

Vi sentiti un po’ confusi ora? Ma queste osservazioni non vogliono portare caos o far sospettare che non ci sia affidabilità nei percorsi spirituali, semmai consideriamo la religione, grazie a queste capacità di propaganda e fusione, un modo per poter avvicinare le persone a qualcos’altro. E a quel “qualcos’altro” ci si può recare superando anche questo primo approccio che sembrerebbe solo finalizzato all’iniziale contatto e al sollievo per chi voglia essere semplicemente sollevato dalle angustie della vita…

Perdere la sicurezza sulle cose che si crede di sapere è un dono inestimabile perché ci aiuta a imparare a farcela da soli, a non appoggiarci ad alcun supporto. Essere convinti che una cosa sia in un modo e che non possa cambiare, come le nostre credenze, tradizioni e abitudini è un modo per trovarci all’interno di programmi decisi da altri senza magari neppure rendercene conto… Cosa succede quando scopriamo che possiamo muoverci al di fuori?

Ecco perché è un artista che condivide cose spirituali e il Vangelo, perché in esso si parla di come “deprogrammarsi” e non di come chiudersi dentro a nuovi condizionamenti…









10/08/21

Praticare il Vangelo con il GREEN PASS

Se si amplia lo sguardo, si potrà vedere che sono innumerevoli le imposizioni che un governo esercita sui cittadini. E così fanno anche tutti gli altri attori presenti nella società. Regole scritte e non scritte. Il GREEN PASS è soltanto l’ultimo di questo lungo elenco… Ma nulla di tutto ciò ci può veramente togliere libertà o serenità se la nostra libertà e serenità non sono dovute da quello che ci sta attorno; come ad esempio l’obbligo o meno di usare un documento come il GREEN PASS. L’essere umano è infatti libero a prescindere da quello che gli succede; è la sua condizione naturale, non scordiamocelo!
La libertà ci può essere tolta solo se permettiamo che altro da noi abbia questo potere, altrimenti nessun altro lo avrebbe effettivamente. Se si teme che possa venir tolta la libertà, allora non era veramente libertà… e diventerebbe comprensibile il timore di dover usare questo nuovo documento.
L’autosciamano, anche con questa nuova limitazione, rimarrà sereno e libero; e troverà soluzioni creative per non esserne succube.
Ovviamente, solo una persona particolarmente spaventata o masochista potrebbe trovare gradevole il dover usare il GREEN PASS. E’ giusto che anche una persona così sia libera di esercitare la propria libertà come chi è pronto a non accettare di usarlo. Le vite di entrambi verranno modificate nel profondo, sono uno il riflesso dell’altro: non si può fare ordine attorno a noi se prima non lo facciamo dentro di noi.




09/08/21

Praticare il Vangelo toglie il sollievo

I grandi Maestri del passato ci ripetono che ogni cosa è perfetta, che tutto è esattamente come deve essere. E tutti arriveremo ad affermare che la vita è una meraviglia, perlomeno quando ogni cosa ci va bene; ma quando le cose non vanno come devono andare? Forse ai grandi Maestri e Mistici non è mai capitata una giornata “no” e che i loro piani trovassero sempre realizzazione?

Non è che forse siamo noi a vedere l’esistenza in un modo diverso? Chi ha ragione?

La ragione ce l’hanno tutt’e due, perché i primi hanno vissuto effettivamente una vita splendente come raccontavano mentre i secondi hanno vissuto con l’ansia di perdere il bello ottenuto, proprio come temevano.

Insomma, chi dei due vive un’illusione? Chi se ne deve svegliare? È giunta l’ora che i primi aprano finalmente gli occhi e si accorgano che la vita non è mai sempre uno splendore oppure che i secondi considerino l’idea che vita e problemi non sono la stessa cosa…?

A tutti ogni tanto succede qualcosa per il verso sbagliato, anche a un grande maestro, a uno che ha aperto gli occhi sulla vita; eppure questi non perde la serenità. Non pensate che la differenza stia proprio in questo? Cioè nel modo di reagire, nel modo di dare importanza e valore alle cose.

Come reagite voi quando sorge qualche problema? 

Se fate attenzione noterete che la reazione di solito è il volere che le cose tornino a com’erano prima del problema. Anche per voi è così? Anche per voi, quando qualcosa non va vorreste che vi venga restituito com’era prima, com’era quand’era tutto ok? Così, se una cosa non va, come una relazione, un lavoro, la considerazione da parte degli altri… la rivolete come quando andava bene, oppure ne volete un’altra, nuova di zecca.

Mi potreste dire che questo è normale, che è così che si va avanti con la vita; ma qui non si parla di andare avanti, in realtà si chiede se nel modo in cui si vive, si è anche felici e realizzati. Ma comunque avreste ragione: è così che si vive di solito… se una cosa si rompe, se ne pretende un’altra nuova, non si vuole sapere perché si è rotta; se ci si ammala, ci si aspetta che la malattia svanisca, non si vuole conoscerne l’origine… 

E che cosa succede quando si può passare a qualcosa di nuovo buttando finalmente alle spalle ciò che non andava? Che il problema è stato risolto? No, ci si sente solo sollevati. Fuor di metafora: volete cercare cose nuove che vi diano sollievo quando quelle che vivete non sono felici o volete essere felici e basta, a prescindere da quale che accade?

Praticare il Vangelo toglie il sollievo.