01/03/23

L’UOMO E’ IL MODO IN CUI DIO E’ IN QUESTA REALTA’ - IL GIORNO DELLA SALVEZZA capitolo 29

Qui di seguito il ventinovesimo capitolo del nuovo libro che ho scritto 

IL GIORNO DELLA SALVEZZA


che è il diretto seguito del Vangelo Pratico, edito da Anima EdizioniSpero così di fare cosa gradita a coloro che desiderano conoscere meglio il Vangelo Pratico e sapere come continuano gli approfondimenti. Attendo i vostri commenti e le vostre opinioni, anche in privato.


L’UOMO E’ IL MODO IN CUI DIO E’ IN QUESTA REALTA’




Nel percorrere i vari capitoli, il lettore è stato spinto a perdere l’equilibrio che porta a vedere secondo ordini e conseguenze specifiche. Dio stesso, argomento centrale del libro, viene presentato sotto luci che Lo mostrerebbero in modo diverso a seconda del tema trattato. Ad esempio, all’inizio viene ricordato che ci si sbaglia a umanizzarLo, che semmai deve essere considerato pura coscienza, e si finisce presentandoLo di nuovo, inaspettatamente, come una persona.
Il senso di questo labirinto intellettivo è che non ci serve precisare come una cosa è, neppure Dio. Perché se la reale realtà è eterna e infinita, essa si manifesta senza limiti. Tuttavia, per la mente umana non è così, essendo invece di questa realtà transitoria e temporanea. Pertanto, vengono fornite al lettore le informazioni che sul momento ha bisogno per cogliere determinate sfumature.
L’aspetto fondamentale è l’avanzare sempre di più senza l’abitudine di appoggiarsi al conosciuto, ai dati sicuri e riscontrabili in questo mondo. La libertà che ne consegue deve portare come consuetudine l’affidarsi a oltre ciò che si può cogliere con la mente. Ovvero, che non debba per forza esserci una logica che in modo lineare soddisfi tutti i ragionamenti che servirebbero per portare la propria comprensione da un punto a un altro.
La mente servirebbe proprio a permettere di deviare dal ragionamento prevedibile e analitico. Questo, abbiamo stabilito, è un sano uso della razionalità, invece di un mero reiterare nozioni già acquisite e cercarne conferma. È proprio grazie alla mente, quindi, che si riuscirebbe ad affrontare l’esperienza materiale in modo compiuto. Perché la mente svelerebbe i confini che il pensiero umano ci impone e che devono essere superati dal praticante. Esperienza che si mostra ancora una volta indispensabile per realizzare la reale realtà, conoscere l’Assoluto. Se invece di questa vita terrena si sperimentasse solo l’infinito, non potremmo accorgercene.
L’assoluto non può essere compreso, come si è già scritto, proprio per il suo essere impossibile da contenere, da inscrivere in qualcosa di finito. Nei vari capitoli, si è lasciato intendere che l’episodio approssimato che è questa realtà, è reso in forma tangibile ed esperibile direttamente per mezzo dell’essere umano. Il quale crea la realtà in quanto, in verità, dimostrazione divina (e Sua Rivelazione). Negli ultimi capitoli, si è introdotto che la realtà, come ogni elemento in essa inserito (si faceva riferimento a qualcosa di astratto, addirittura, come la religione), è visionaria. Trattasi del prodotto della visione dell’uomo: quanto egli immagina, così prenderà forma la vita, che essendo assoluta non avrebbe altrimenti una forma definita.
La sostanza diviene materia ed essa, in questo modo, dà forma alla sostanza; benché ogni cosa sia la medesima sostanza, la stessa vita. Allora, pure Dio acquisisce la forma a seconda di come noi decidiamo di vederLo, proprio come l’essere umano prende una forma in questa realtà a seconda di come egli si vede. Dio e l’uomo sono la stessa sostanza, e noi, seppure incarnati, diamo una forma all’universo per il semplice fatto di essere implicati in esso. Una questione di identità, si potrebbe precisare.
L’essere umano non è qualcosa di staccato o differente da Dio, è Dio che si manifesta e si comporta in questo modo (il modo in cui si comporta l’uomo) in una realtà come quella materica. Per aiutare, una similitudine potrebbe essere l’immagine di un elemento, come l’acqua, che cambia di stato e si comporta in modo differente a seconda delle condizioni esterne. E questo applicarsi a cercare di spiegare qualcosa che è inspiegabile testimonia la preziosità della mente umana. La quale può arrivare fino a questo punto: il creare immagini per suggerire una comprensione logica. Oltre, e quindi per una piena esperienza, bisogna paradossalmente (e coraggiosamente) accantonare la mente e affidarsi ad altro, alle intuizioni: arrendersi a esse.
L’esperienza totale della vita si rivelerà compiuta nel conoscere se stessi: il sé più profondo che si intuisce essere appunto tutt’uno con il Sé assoluto, la divinità universale, la vera realtà. Conoscersi, così, diviene un tendere a un mettersi da parte a favore di altro; quel qualcosa di immensamente più grande di noi che ora ci appare essere (anche) noi.
Tale conoscenza di sé si può compiere, di conseguenza, nel ricercarla, nel fare l’esperienza del mettersi da parte. Non può in alcun modo essere acquisita o imparata tramite lo studio. E il praticante l’otterrà nel vivere la propria vita accogliendo; proprio come ci mostra Cristo nel Suo essere grato per ogni cosa, pure per la croce. La stessa trasmissione della conoscenza, della gnosi, avviene in maniere varie: si veda, ad esempio, la moltitudine di religioni e filosofie espresse dalla civiltà umana. Questo proprio perché la conoscenza non può essere svelata direttamente: il maestro prepara il praticante a ospitarla dentro di sé mostrando come essa ha cambiato innanzitutto lui. Ecco perché, spontaneamente, una religione istituzionalizzata, una cerchia di adepti irrigiditi nelle formalità, una chiesa gerarchizzata possono solo fungere da punto di partenza. Verrà da sé scorgere quanto poco le formalità potranno aiutare quando si incontra la libertà dell’aprirsi all’incontro con Dio. Da qui in avanti, il percorso dovrà essere condotto autonomamente: i maestri, sotto qualsiasi forma, verranno all’occorrenza. E la meditazione e la preghiera sono il “propulsore”.
Come è indispensabile che la propria smania di migliorarsi e perfezionarsi venga provocata da una religione, allo stesso modo è utile che, con gratitudine, il fedele sappia salutare il nido sicuro di una Chiesa e aspirare solo all’unione con il tutto. Un impegno che deve valere come faro nella vita intera perché sicuri che comporterà la felicità, soddisfazione e realizzazione; allo stesso modo di quanto si ha sperimentato che nulla della realtà materica potrà portarci a tali traguardi in maniera esaustiva e completa.
Quindi, non bisogna neppure rifuggire dal mondo perché tramite esso le possibili delusioni spingeranno a cercare altro come: l’accoglienza totale, l’amore assoluto. È probabilmente grazie alla natura divina dell’uomo che egli sospetta che tali obiettivi siano raggiungibili. Ed è così che ne inizia la ricerca; e chi ne intravede il traguardo sia nella posizione, in modo naturale, di mostrare agli altri la via. È come se nel profondo dell’essere umano echeggiasse un richiamo all’assoluto. Più egli si interroga su ciò che vi è oltre il percepibile e più sente che questo richiamo fa parte della sua indole. Infatti, come è forte la tentazione a crogiolarsi nelle esperienze sensuali e mondane, tanto attrattiva è la salita verso un piano dove è tangibile la beatitudine e la grazia con la vera realtà.
La mente logica permette di ottenere le grandi conquiste che sono servite all’uomo per progredire. Ma è la mente visionaria, creativa, che le ha trasformate in qualcosa che possa generare la spinta. La vera realtà, il “Regno di Dio”, può offrire accessi attraverso maestri inaspettati come l’arte, la filosofia, la scienza se le persone si “mettono da parte” a recepire, in tale umiltà, le intuizioni che faranno affiorare la conoscenza.
Un ostacolo, allora, è quando si confonde la mente logica con quella creativa. La prima permette di essere più idonei nel mondo proprio come la seconda più eccentrici. Oggi viviamo la condizione privilegiata che la tecnologica può fare i lavori mentali e logici al posto nostro. E lasciare così le persone libere di trasformare e sperimentare i materiali a disposizione. Attraverso questa libertà, questo gioco, sicuramente si può partire per il viaggio verso la conoscenza di sé.
Un palese fraintendimento è, ad esempio, quei social network dove spesso i fotografi presentano le loro fotografie cercando innanzitutto di essere più perfetti, più esatti. Quindi in linea con un parametro, sempre lo stesso (che forse aiuterà loro a venire più facilmente selezionati nelle ricerche in Internet), e non maggiormente creativi. Affidarci ai soliti parametri, alla logica quindi, è un procedere nel prevedibile. È una sicurezza che la tecnologia ci sta evidentemente togliendo. Nel nostro esempio: non ci sarà più bisogno di un fotografo per fare foto perfette, basterà la macchina. E lo stesso per i calcoli matematici, le composizioni musicali, e tante altre attività. Questo non è un problema che si aggrava, forse è invece un dono per liberarci dall’obbligo di fare noi il lavoro “da macchina”. Cioè un focalizzarci nell’uso della mente logica e utilizzare invece la razionalità per espanderci senza le sicurezze usuali, i punti di riferimento.
Paradossalmente, quando si va a perdere queste certezze si fa la scoperta di una sicurezza nuova, che non avremmo mai saggiato senza incappare in tale crisi. La nuova sicurezza si basa sul sollevarci dall’avere necessità di appoggiarsi a sicurezze. Avanzare senza anteporre nulla che funga da sostegno perché sicuri che qualcosa di immensamente più grande di noi agirà. Non doversi preoccupare di nulla, che equivale a non ritrovarsi nella paura. È quello che nel mondo cristiano viene chiamato “salvezza”.


















Nessun commento:

Posta un commento