29/03/23

LO SCOPO DELLA TUA INTERA VITA - IL GIORNO DELLA SALVEZZA capitolo 33

Qui di seguito il trentatreesimo capitolo del nuovo libro che ho scritto 

IL GIORNO DELLA SALVEZZA


che è il diretto seguito del Vangelo Pratico, edito da Anima EdizioniSpero così di fare cosa gradita a coloro che desiderano conoscere meglio il Vangelo Pratico e sapere come continuano gli approfondimenti. Attendo i vostri commenti e le vostre opinioni, anche in privato.


LO SCOPO DELLA TUA INTERA VITA


La realtà è la vita, che abbiamo voluto immaginare per similitudine come un mare mosso da una corrente perché tutto, anche ciò che crediamo essere distinto, è fuso insieme. Infatti, per poter distinguere e differenziare qualcosa da questa assolutezza, bisogna distanziarla dal “mare”. La separazione è possibile esprimendo un giudizio, che fa credere in due elementi opposti. Sia nel dichiarare, ad esempio, che una cosa è accettabile e un’altra non lo è, che nel valutare in modo soggettivo (come la bellezza e la bruttezza) oppure oggettivo (come una misura o un peso).
Pure un essere umano, per potersi distinguere, deve riconoscersi a sé stante. Così egli si giudica “io” ed è in ciò, che crederà. Si può sottolineare, difatti, che una differenza è rilevabile ogni volta che è l’ego ad agire. Il quale alimenta la convinzione dell’io come della realtà nella quale si pensa di vivere (dove l’io farebbe esperienze). Realtà che ha concretezza nell’essere costituita da elementi che si percepiscono distinti poiché ricercati a seguito di una preferenza e non di un’accoglienza. Questi elementi sono sia gli obiettivi da soddisfare, come i desideri, che le persone che si vuole accanto, ecc.
In altre parole, questa dinamica diventa concreta nel cedere alla tentazione di ingrandirsi. Apparentemente un’assurdità, essendo tutto un fluire indistinto. Addirittura, se la realtà è questo fluire, allora ciò che si crede da esso staccato è, appunto, una mera credenza, un’idea; è il motivo per cui ciò è già stato nominato, nei capitoli passati, come “irrealtà”, benché sia costituita dalla complessità tangibile che invece l’uomo chiama abitualmente realtà e vita.
Volersi ingrandire significa desiderare di essere sempre “più grande”, possedere sempre più cose, accrescere la propria carriera, ricercare senza arrestarsi la gratificazione di piaceri e voglie. Tale ingrandimento dev’essere continuo perché comporta un rafforzamento dell’ego, della credenza di sé e di quest’idea sulla realtà. In questa distinzione dall’assoluto, non c’è in verità un vero “io”, non si può rintracciare il vero se stesso perché esso è invece quel mare. Così, per poter individuare un proprio sé, si cerca di occupare più spazio (più vuoto) ingrandendosi. Allora, l’esperienza dell’essere è sostituita da quella dell’avere, dall’accumulare: oggetti, esperienze, persone, successi, conoscenza.
L’ingrandirsi è sempre attivo, non è limitato in alcuni contesti o situazioni. In effetti, bisogna notare che, per questo, materialità e spiritualità si mescolano. La spiritualità e le ricerche nel profondo di sé traghettano comunque verso qualcosa di illusorio come potrebbe essere considerata la materialità. Perché quello che si troverà al termine delle proprie ricerche sarà ugualmente un credere a una cosa o un non credere a un’altra. Gli elementi che si rinvengono, fondamentalmente, sono irreali, idee, se non vengono messi da parte per lasciare spazio all’assoluto. Una ricerca personale o di auto-conoscenza è illusoria poiché non vi è alcuna persona, in realtà.
Il caos fra reale e irreale si districa solamente quando si smette di volersi ingigantire, di diventare di più. Qualsiasi cosa, ma “di più”: per poter ottenere, avere, “aumentarsi”. Il paradosso è che invece, liberandosi da questa tentazione, si inizierà a beneficiare direttamente di tutto, poiché si aderirà al tutto. Si riceverà il “sovrappiù” promesso nel Vangelo, si diviene finalmente la totalità che tramite l’ego non sarebbe accessibile.
Per converso, le scelte vengono affrontate guardando a quanto ci si potrà ingrandire, si potrà avere in cambio. Come abbiamo detto, anche nella spiritualità. Così, se si segue una religione è per via di quanto essa promette; si prega per avere una benedizione; si va in pellegrinaggio per ottenere una guarigione; si medita per attrarre ricchezza; si è devoti a un cammino spirituale per diventare migliori; si cambia credo perché urgono risposte; si fa un fioretto per potersi liberare da un vizio. E così via potendo aggiungere molti altri esempi, ma ciascuno di essi sarà sempre caratterizzato da un volere qualcosa in cambio. E questa cosa che si vuole è sempre proiettata avanti nel tempo. Ovvero, si tratta di un’idea su come dovrà essere il proprio vivere. Se esiste il tempo come condizione del nostro essere, allora già ci accorgiamo che non ha a che fare con la realtà, con la vita, ma riguarda il proprio ego. Il quale è appunto soltanto un’idea che si ha e si deve mantenere nel tempo. È una credenza, ma quanti credi una persona cambia nel corso della sua vita? Come può sembrare affidabile e realistico tutto ciò? Quello a cui si credeva da bambini, ad esempio, lo si lascia sicuramente alle spalle non appena si è cresciuti. E allo stesso modo, ciò che consideravo allora come qualcosa da risolvere o da desiderare, se lo rivedessi oggi non mi sembrerebbe più così problematico o desiderabile. Pertanto, anche i miei sforzi attuali nel cambiare qualcosa nel tempo, nel futuro, potrebbero apparire slegati o inadeguati quando poi il tempo passerà. A tutti verrebbe da sorridere nel ricordare quanto sofferente era un desiderio di noi bambini quando non veniva soddisfatto o quanto insuperabile una preoccupazione.
La realtà è la vita, abbiamo ripetuto. Ma la vita non è lo scorrere del tempo, un immalinconirsi nel ricordo del passato e un occuparsi di questioni che verranno affrontate nel futuro. La vita è quando si vive, quindi non passato e futuro ma quando si è: il presente. La vita non è neanche il momento presente se sto struggendomi nei ricordi o progettando il futuro, quello è essere distratti. Se si porta invece attenzione al presente, ci si accorge che esso è esclusivamente il momento in cui si vive. È questo istante in cui sto scrivendo queste parole. Tutto quello che ho vissuto fino a ora è stato funzionale a questo istante. L’intero passato di un uomo ha avuto motivo per portarlo a fare quello che sta facendo nell’istante del suo presente. Poiché la vita è il momento in cui si vive, lo scopo della sua vita è quella cosa che sta facendo nel momento attuale.
Per il fatto che stai leggendo queste parole, lo scopo dell’intera tua vita, il motivo per cui hai vissuto tutto quello che ti è capitato, è leggere queste parole. Fra cinque minuti potrebbe essere qualcos’altro, però ora è questo. Per il significato che la vita è l’attimo in cui si vive. Allora ogni attimo è vitale e così, non distraendosi, si vive realmente.
Questo è un modo per fare pratica dell’assoluto. Se la vera realtà è vita e questa è solo quando si vive, allora scoprirò che non è attuabile un’azione che mi permetta di ingrandirmi. Perché questa è possibile quando si calcola una conseguenza che avverrà nel tempo. Tutte condizioni che sappiamo adesso essere irreali, dei semplici convincimenti che uno si fa. Sarebbe sì un affidarsi a qualcosa di imprevedibile (come è la fede in Dio), ma che non è esistente. È alla stregua di un calcolo azzardato che si spera porti qualcosa di concreto in un futuro.
In conseguenza, l’ego permette di riconoscere sé e il resto del mondo con distinzione. Quindi distinto dalla fusione che sarebbe la realtà, la vita (Dio). Ciò permette di credere a un’irrealtà, ma che favorirebbe il prendere coscienza della realtà vera. Quando si svela che non ci sarebbero distinzioni ma unità (un unico corpo, dice la teologia cristiana), allora si prende coscienza del proprio vero sé. Il quale è l’unico, universale, assoluto Sé: ci si rende conto di esserLo. Da questa conoscenza, il resto della vita in cui si è incarnati in una persona verrà vissuto sicuramente con leggerezza. I momenti di pace a ciò conseguenti e arrecati con la meditazione sono un assaggio dell’armonia totale che si abita.
Fare esperienza della “irrealtà”, che altrove abbiamo chiamato realtà materica e oggettiva, è fondamentale proprio per l’opportunità che porta nel farci accorgere della vera realtà. Diversamente, se si sceglie di ricercare la felicità credendo a quanto si potrebbe trarre nella realtà materica, ci si sforzerà senza sosta a ingrandirsi come spiegato più sopra.
La vita insegna che chiunque, se privo di malattie o devianze psichiche, può sospettare che la ricerca della felicità condotta attraverso esperienze basse e il mero piacere non porterà a nulla di esaustivo, totalizzante. Anche qualora si ottengano traguardi come gloria e fama, poiché ugualmente sono il prodotto di quello che la gente che non è famosa e la persona famosa credono a tal proposito. Nulla di consistente, se non idee, pensieri. Tuttavia, tale comportamento assurdo viene perseguito se l’individuo non sa come trovare un’alternativa, cos’altro cercare.
A essere precisi, come già sostenuto, le persone sono già l’assoluto. Quindi, la conoscenza sulla Verità e le indicazioni da seguire per ricordarla sono già nel suo intimo. La meditazione che semplicemente richiede a Dio di venire nella nostra vita, e di farlo senza aspettarsi qualcosa in cambio, è la fiducia necessaria. Perché è rivolta all’ignoto e non nei confronti del mondo; è rivolta all’esserci senza aggiungere nulla di più.
L’aspirante alla libertà, alla Verità, ovvero alla vera realtà, dovrà dedicarsi alla teoria e alla pratica il meno possibile fra loro slegate. Può darsi che solo parzialmente riuscirà a registrare i passaggi che i maestri tramandano. Ma questo sarà comunque favorevole a una qualche forma di apertura, alleggerimento e contatto con il Divino. Oppure, potrebbe indicare che egli ha raggiunto tutte le conquiste che ci si aspetterebbe da lui e non se ne rende conto. Perché quando infine si dimora in Dio, nulla di quello che si potrebbe dimostrare nella realtà materica eccita l’attenzione della persona che è giunta alla meta. E, parimenti, senza vederlo: un’abilità nel mostrare agli altri la via in lui eccellerà spontaneamente per il suo semplice esserci.











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