17/02/14


La performance di ieri di KRIPTOSCOPIA è stata molto particolare, non avevamo mai lavorato in questo modo.
Alcune volte, c'è stato fatto notare che le performance di KRIPTOSCOPIA danno un senso di incompletezza, come se mancasse qualcosa o non raggiungessero una parvenza di compiutezza. Però, se ciò avviene non è per un qualche errore da parte nostra, significa che abbiamo portato a compimento la performance; perché la natura stessa di KRIPTOSCOPIA è l'indeterminatezza, la ricerca e il tentativo. KRIPTOSCOPIA deve trasmettere queste sensazioni quindi, non deve offrire uno spettacolo per il quale aspettarsi una reazione da parte del pubblico troppo entusiasta o di appagamento; semmai deve colpire perché lascia inappagati. Non deve essere riconosciuto, forse neanche suscitare un piacere nell'assistervi.
KRIPTOSCOPIA tenta di soddisfare delle necessità impossibili da soddisfare attualmente. La necessità è quella di proporre un panorama visivo e uno sonoro che si fondano per crearne un terzo, una realtà nuova che è quindi la fusione di più realtà. Noi crediamo in questa visione: la coesistenza di più realtà in un'unica realtà, che si vive in un'unica esperienza. Questo è anche il modo in cui pensiamo che sarà il mondo che verrà.
Non esiste ancora nulla, neanche a livello tecnologico, che possa soddisfare oggi questa necessità. Con l'arte si deve tentare di soddisfare le necessità, che intanto sono solo delle esigenze o dei sospetti su cosa si dovrà creare nel futuro e come sarà la percezione delle immagini e dei suoni nel futuro; forse come sarà pure il mondo. Noi creiamo questa coesistenza di più mondi con le performance. Ma non esiste ancora niente che lo possa fare effettivamente, non è ancora stata inventata una tecnologia che lo renda possibile; non esiste neanche un nome per quello che facciamo e il pubblico non è ancora capace di fruire delle nostre performance.
Non è ancora chiaro come poter far percepire tutto quello che facciamo nelle performance come un'unica cosa, né è stata inventata una macchina per farlo; il nostro dovere è proporre questo terzo panorama di fronte al pubblico, dove più realtà sono fuse assieme. Come artisti abbiamo allora il dovere di captare questa necessità di vivere in più universi e mettere in scena un accesso all'alternativa o un'uscita dal convenzionale. Siamo consapevoli dell'impossibilità di Kriptoscopia, se non fallissimo, sarebbero solo dei bei suoni e dei bei video.
Faccio un esempio: nell'Ottocento c'erano dei libri di fotografia che se sfogliati velocemente facendo scorrere le pagine con il pollice, le foto in sequenza e così in velocità sembravano scene in movimento; oppure c'erano delle manovelle con attaccate delle foto, si girava velocemente la manovella e le foto in sequenza sembravano scene in movimento. L'arte cercava di soddisfare una necessità nuova, che era la necessità (dopo la novità della fotografia) di vedere immagini in movimento. All'epoca forse neanche tanto se ne rendevano conto e mettevano in scena questi espedienti e macchinari fino a che ci fu la nascita del cinema. Quando penso ai miei progetti artistici vedo sempre l'esigenza di mostrare le porte per un altrove, il progetto KRIPTOSCOPIA non si scosta da ciò. E dopo il primo mese di performance, mi sono reso conto di essere in un qualche modo incompreso dal pubblico... cosa che mi fece riflettere su come porre delle modifiche. Infine queste riflessioni mi hanno fatto accorgere che se il pubblico rimane con un senso di aver visto qualcosa di criptico, avevamo centrato il segno. Lo stesso significato quando noi alla fine della performance non ci sentiamo del tutto soddisfatti.
KRIPTOSCOPIA deve insomma dare la sensazione di accompagnarti verso un altro mondo e poi basta, non te lo può mostrare, non è ancora in grado. Non ne esistono ancora le possibilità, sia di tecnologia che di consapevolezza. Ci si riesce da soli, con la meditazione.

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