14/10/17



Stamattina ricordavo l'abitudine alla confusione di quand'ero più giovane. Ricercavo il caos, credevo nel disordine che portasse condizioni di fertilità. Sentivo di averne l'attitudine, anche al rumore; eppure ricercavo quelle specifiche atmosfere come se mi facessero invece stare bene. Mi portano pace. Come quando passavo tutta la notte fuori, con i miei amici, anche dieci ore di fila e poi me ne tornavo tranquillamente a casa a dormire; e al risveglio era come tutto azzerato. Una ricerca di sormontare stimoli per poter fare piazza pulita. Anni inconcludenti perché forse non capivo se vivere era la settimana lavorativa o il weekend trascorso come una vacanza.
L'immagine che ho scelto oggi, racconta proprio di questo, perché fa parte di una serie che prevede foto sulle quali vengono aggiunti svariati elementi per creare una nuova immagine dal sovraffollamento. E qui, dalla compressione o compresenza di molti soggetti, è come se si superasse la superficie e si raggiungesse l'opposto: la pace. A me, questa immagine, ispira infatti serenità. E altre, ancora più confusionarie, raggiungono pure meglio questo obiettivo.

In questo periodo, guardo a queste foto perché, per via dell'attuale situazione finanziaria, esco di casa poco spesso. Seppure provengono da foto di altri, sono souvenir anche miei. Le foto arrivano da stampe o pellicole trovate in case abbandonate o addirittura fra ruderi di edifici demoliti o fra i detriti buttati via delle case crollate. Era il periodo in cui realizzavo le foto dalle immagini che raccoglievo camminando in giro per la campagna.

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