Qui di seguito il diciannovesimo capitolo del nuovo libro che ho scritto
IL GIORNO DELLA SALVEZZA
che è il diretto seguito del Vangelo Pratico, edito da Anima Edizioni. Spero così di fare cosa gradita a coloro che desiderano conoscere meglio il Vangelo Pratico e sapere come continuano gli approfondimenti. Attendo i vostri commenti e le vostre opinioni, anche in privato.
TUTTO CIO’ CHE PER TE E’ INVIOLABILE, TI CONTROLLA
Si tenga conto della capacità creativa dell’essere umano attraverso l’amore, come dimostrato quando si giunge ad amare la propria croce. E anche della possibilità di arrivare a dare vita a questa realtà, come nell’esempio del far sbocciare un fiore per il semplice pensarlo. Infine, a ciò collegato, si tenga conto della vera fede: si veda l’episodio di San Pietro che è stato in grado di camminare sull’acqua. A questo punto, è logico pure supporre che l’uomo muore semplicemente perché si convince che dovrà morire.
È perché si è convinti che si giungerà alla morte, come avviene per tutto quanto sia osservabile, che pure in se stesso l’essere umano è come se permettesse il processo di invecchiamento. Oppure catalizzerà quegli eventi negativi che altereranno la sua armonia.
È innanzitutto il constatare che la gente invecchia (ovvero essere immersi nella realtà materiale), che ci si convince di avere la prova che si sta a poco a poco morendo. E non potremmo che esserne convinti in quanto abitatori di un sistema che si basa su questo equilibrio.
Con queste osservazioni, non si vuole suggerire che non si debba morire o che ci sia qualcosa di sbagliato nell’aderire alle regole di transitorietà della nostra realtà. Le quali, come confermato anche nella dimostrazione della croce, sono un altro evento a cui dare ospitalità. Piuttosto, si invita a riflettere che tali regole vengono accettate come se inviolabili, come, cioè, se fossero al pari di un dio. Invece, il creatore dell’universo ha fornito di mutevolezza la realtà proprio per indurci a vederne la natura illusoria.
I problemi che una persona può subire, personali e sociali, non potranno mai venir risolti se affrontati ignorando la vera natura della realtà. Un percorso di crescita interiore favorisce l’accorgersi che dietro a tutto quello che si considera reale e tangibile sia presente una componente assoluta. Nelle sembianze di ogni cosa che capita di vivere, pertanto, vi è qualcosa di infinitamente più grande dell’uomo che la sta in quel momento vivendo. E solo accettando e considerando tale componente divina che si ha una vera visione della realtà e di quanto sta succedendo. Se si ignora tale equilibrio, si reputa che il problema che sta capitando possa avere risoluzioni in modalità e varietà innumerevoli. Mentre, se si considera l’equilibrio con l’assoluto, la soluzione giunge all’istante; anzi, non si coglie neppure di star di fronte a un problema.
Essendo la maggioranza della popolazione vittima di questa ignoranza, ogni gravità viene attraversata subendola passivamente. Oppure nello sforzo di affrontarla e risolverla come un qualcosa di separato da sé, e quindi soltanto tramite vie trasversali. Ovvero, azioni che possano entrare in contrasto con essa, non tentando una diretta trasformazione. Senza, pertanto, alcuna sicurezza che possa infine venire modificata verso un esito giusto. Questa modifica, abbiamo visto che è possibile a tutti quando si ama la gravità che ci sta di fronte. Così, a problemi apparentemente irrisolvibili si trova una soluzione in modo creativo. Sia nella vita di tutti i giorni, sia a livello ampio come portare pace dove c’è la guerra, salute nella malattia, vita nella sterilità. La pratica del Vangelo è un mezzo per arrivare ad amare anche la propria croce; infatti, constatiamo che chi vi riesce è anche colui che può creare dal nulla o agire anche contrariamente alle leggi della fisica. Si legga di Gesù o dei santi che forniscono assistenza e soluzioni tramite azioni che si dimostrano illogiche da un punto di vista concreto.
Se la maggioranza delle persone è tenuta all’oscuro da una simile possibilità, alla quale in realtà tutti avrebbero accesso, è sicuramente per dei motivi ben precisi. Abbiamo imparato che sono vari i maestri che ci hanno mostrato come poter essere liberi e felici, oltre che beneficiari di uno stato beato di figli di Dio. Malgrado queste conoscenze siano alla portata di tutti, le persone tendono ugualmente a rimanere insensibili a tale possibilità, seppure permetterebbe loro di conseguire la vita felice e gratificante alla quale comunque anelano. La quale, non ottenendola, diventa invece solo una parentesi di approssimazione di felicità e gratificazione. Allora, non è sufficiente che le biblioteche e Internet forniscano tutte le informazioni per intraprendere un simile cambio di coscienza. Non è cioè una rivoluzione possibile con la mente. Se essa avviene con un amore così pervasivo, allora deve tutto centrare nel cuore, non con i ragionamenti e i pensieri. Pertanto, l’ostacolo che le persone si trovano tra la loro libertà, felicità e divinità sta nella fatica di praticare un amore degno di tale contingenza.
Il motivo preciso, perciò, a comportare un impedimento nell’apprendere come praticare il vero amore e goderne direttamente i frutti è collegato a una forma di controllo sull’essere umano. Controllo che non deve essere immaginato come costituito da un gruppo di potere che voglia comandare sul mondo. Tale controllo parrebbe esistere a prescindere, come forma di sopravvivenza dell’umanità. L’ecosistema prolifica se le specie che vi abitano si adeguano a determinate e simili modalità di vivere. Mentre una vita di fede presagirebbe una condotta fuori controllo perché imprevedibile e non programmabile. Sta all’individuo diventare cosciente, per prima cosa, di quanto abbia permesso che in sé prendesse corpo la paura a infrangere la prevedibilità e la programmabilità.
Semmai, il fantomatico gruppo di potere approfitterebbe di questa dinamica già esistente per mantenersi l’unico a vivere nella totale libertà di modificare gli eventi a proprio comodo e accedere alle risorse dell’universo che in modo naturale sono inesauribili. Se un individuo si volesse opporre a questa élite da cui si sente essere comandato, non dovrebbe farci la guerra, come sappiamo. Paradossalmente, infatti, lo sforzo che il cittadino compie per contrastare i gruppi di potere che influenzerebbero il destino della società va in realtà a rafforzare la potenza di quel gruppo e a svilire la propria. Più egli si oppone come se ciò che volesse cambiare sia soltanto esterno a lui e più questa convinzione si radica da impedirgli di vedere chiaramente come realmente è organizzata la società stessa e su quali sottili equilibri si muove. Dalla guerra che subirebbe, l’élite dominante trae l’energia che ne permette l’esistenza; perché quella guerra è la concreta manifestazione di quanto l’oppositore sia convinto che quell’élite esista e sia in grado di fare quanto denuncia. Maggiore è la guerra, il contrasto a essa, maggiore sarà così l’autorizzazione al suo esistere.
Questa situazione opprimente sussiste perché chi si oppone all’oppressione vuole che essa esista, in verità: non si deve scordare che è lui a crearsi la realtà che percepisce. Quindi, piuttosto, dovrebbe modificare la sua coscienza e vedersi anche lui un usufruttuario e creatore dell’universo come chiunque altro. Ovvero, dovrebbe anche lui iniziare ad amare la propria croce.
È indubbio che qualsiasi società per poter comandare in modo totalitario sui propri abitanti, li debba innanzitutto controllare. E tale controllo deve di conseguenza essere su questa potenza liberatrice: sul loro modo di amare. Se le persone non venissero in un qualche modo distratte da ciò o sedate, non potrebbero mai accettare di vivere le condizioni così rigide a cui vengono indotte. Ed è a tali finalità che la gente viene bombardata da stimoli riguardanti l’amore e la sessualità che invece di accenderle e approfondirle le banalizzano, le opprimono e le rendono monotone.
L’amore e l’eros sono sicuramente delle energie che permettono a qualsiasi cosa sia in vita di espandere ulteriormente la vita. Per amore, l’uomo può costruire qualsiasi cosa e prendere qualsiasi decisione. Pertanto, solo controllando tali energie si potranno comandare le decisioni delle persone.
Lo stesso insegnare il Vangelo e la religione come un mero statuto sull’amorevolezza per poter convivere insieme con benevolenza è un gettare il fumo sugli occhi. Piuttosto, il Vangelo può essere senza difficoltà letto come una guida per poter scatenare questa fonte di energia creativa; che tutti possiedono per il semplice essere in vita. Energia che comunque non sussiste per creare il mondo come si vuole, ma per permettere di realizzare senza limiti la volontà del Padre.
Quando si sperimenta un simile amore, quando cioè si riesce ad amare la propria croce, si è tutt’uno con Dio. Non si crede più all’inviolabilità di questo mondo, alla verità di questa realtà. Ma a quanto ci sta dietro.
Si torna a unirsi al Padre, come mostra Gesù quando sulla croce muore solo apparentemente, nella forma. E ciò avviene conoscendo Dio veramente, proprio perché si è provato il perfetto opposto. Pertanto, anche la morte appare come un mero dettaglio, un pretesto per amare.
L’intero universo è come se fosse una persona ed è inserito in una popolazione di innumerevoli universi che nascono, vivono e muoiono all’interno di un unico sistema al pari di una società, nella quale conducono ciascuno un’esistenza diversa. La quale è distaccata o passibile di connessioni come già accennato. Tale sistema è la fonte di tutto, ed è quello che ci siamo abituati a chiamare “Dio” o “Padre”. E singolarmente Dio è anche ciascuno di questi universi, seppure differenti. Per la nostra comprensione, quindi Dio è come una persona. È una persona, come l’uomo; o meglio, l’uomo è una persona come Dio. E, parimenti, l’essere umano ha in sé inscritte le regole stesse che permettono la vita nell’universo. Essendo creato da Dio, in lui è travasata la stessa fonte di energia che permette tutto e crea: essa è l’amore. Che può tranquillamente venire pensata come sinonimo di Dio, come il sangue lo è per un organismo.
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