19/10/22

ESSERE IL PROPRIO SE’ O LA PROPRIA OMBRA - IL GIORNO DELLA SALVEZZA capitolo 10

Qui di seguito il decimo capitolo del nuovo libro che ho scritto 

IL GIORNO DELLA SALVEZZA

che è il diretto seguito del Vangelo Pratico, edito da Anima EdizioniSpero così di fare cosa gradita a coloro che desiderano conoscere meglio il Vangelo Pratico e sapere come continuano gli approfondimenti. Attendo i vostri commenti e le vostre opinioni, anche in privato.


ESSERE IL PROPRIO SE’ O LA PROPRIA OMBRA


Rimanendo nel proposito di conoscere il vero continuando l’analisi senza cadere nelle trappole di pensare a Dio come a una persona, ripetiamo una Sua caratteristica fondamentale. Questa è il suo aspetto onnipervasivo, che non deve essere limitato a nulla: né allo spazio, né al tempo. È il vivente, è tutto ciò che esiste; pertanto, ciò che non esiste non è Dio e lo ha dovuto creare. L’universo è stato creato, infatti esso e l’essere umano che lo abita sono una immagine di Dio, abbiamo puntualizzato.
Come risultato, l’uomo può a sua volta ottenere quanto necessita creandolo oppure richiedendolo al Creatore. Anzi, se ci si fa caso, le persone sono più propense a chiedere quanto necessitano piuttosto che crearselo. Questo, come già suggerito, è per via della facilità nel credersi agenti separati dalla creazione e quindi nella posizione di dover sempre cercare fuori da sé quanto serve e si desidera. Si chiede per avere qualcosa, per avere del cibo, per lavorare fino addirittura chiedere per essere un padrone e quindi per poter prendere decisioni senza dover chiedere ad altri.
Quello che si può ottenere chiedendo in questo modo può essere sì funzionale ai bisogni o addirittura superiore, ma sempre in misura finita perché la richiesta è espressa focalizzandosi su questa realtà. La quale ha come principale caratteristica il suo essere finita. Come se fosse un retaggio dal passato, le persone, a volte come per abitudine e con leggerezza, affidano la sorte delle proprie decisioni e delle vicissitudini che vivono a Dio, a un santo o alla fortuna, ecc. Tutti nomi spirituali utilizzati in questo caso con una velata superstizione o come quando si scrive la letterina a Babbo Natale. Anche la Fortuna, ricordiamo, è una divinità, tra l’altro una delle più venerate al tempo dei Romani proprio perché in grado di influenzare gli eventi a favore del devoto. Se facessimo così dovremmo continuare il nostro viaggio avendo fede nel politeismo.
Le evoluzioni della propria vita, anche materiali, saranno sempre compromesse dalla limitatezza e prevedibilità proprio a causa di questo affidarsi a tali agenti esterni piuttosto che a Dio che per la sua totalità ne è la sorgente. In questo caso Dio è inteso non come il “tutto”, ma come la coscienza che sta dietro al “tutto”.
Quindi, pure la dea Fortuna come il Santo patrono sono un riflesso di Dio. Per coerenza, ripetiamo che sono un’immagine e non l’originale. Sarebbe come se non ci si affidasse direttamente alla fonte, ma alla “Sua ombra”: non si vuole difatti scoraggiare dall’affidarsi.
Malgrado, per vie traverse, si ottiene quanto si richiede, votarsi e affidarsi a un’ombra equivale a un’illusione. È solo in questo, in un’imprecisione nel definire noi stessi e la realtà, che si finisce nel credere a un’illusione. Non significa che questa realtà concretamente non esiste e che quindi non sia, di conseguenza, compresa in Dio, ma lo è come reale è la proiezione dell’ombra di un oggetto.
Se le persone, pertanto, muovono propositi senza rivolgersi e considerare Dio, stanno rivolgendosi e considerando solo la Sua ombra. Tali progetti, abbiamo evidenziato, si scontreranno con la finitezza della realtà e avranno l’influenza su di sé e il resto dell’universo al pari di un’ombra. Ciò sempre perché sono stati mossi contemplando delle illusioni e all’interno di esse. Così si spiega il motivo per cui in questo mondo, benché si avanzi senza sosta nel progresso, uno sviluppo pieno, totale e che porti a tutti beneficio non è realizzabile. In questo modo sarà fino a che chi vi attua i propri progetti si affiderà ad altrettante illusioni: il progetto stesso nel suo insieme sarà un’illusione.
Tali progetti possono essere concepiti coinvolgendo il massimo della conoscenza disponibile, le più ampie ricchezze, gli aggiornamenti della scienza ma saranno illusori e irrealizzabili (se non nell’immediato e in modo circoscritto). Perché tutto ciò è un’ombra della realtà e non la vera realtà. L’effetto di un’illusione che illude, e non Dio che quell’ombra proietta.
Non è quindi Dio a punirci o a indurci in sofferenza, siamo noi a sbagliare nel leggere e fruire la realtà. Quello a cui l’uomo capita nel corso della vita è la diretta conseguenza del proprio modo di porsi all’interno della realtà. Non è che non esistono veramente la conoscenza, le ricchezze a cui si può accedere e gli illuminanti aggiornamenti scientifici; è che anche queste cose sono prodotte da precedenti illusioni.
L’accettare la vita, accettare Cristo come proprio salvatore e accettare Dio sta proprio nell’accogliere un tale punto di vista. Allora, accogliere che ogni cosa è come conseguenza della pura coscienza che è Dio e non come fattore che può sussistere in modo indipendente e slegato da tale coscienza.
A questo punto, bisogna precisare che quando si tratta di Dio si presenta, ogni volta che sia necessario, il dettaglio che si sta parlando di una coscienza. La quale è naturalmente universale e onnipervasiva da averla sintetizzata come il “tutto” quando la si affrontava prima di aver aggiunto gli argomenti degli ultimi capitoli. In questi, si è ripetuto che Dio non è una persona per riprendersi dall’errore di immaginarLo come una figura a sé stante, come un “signore”. Egli, infatti, come “tutto” può liberamente prendere forma nella dimensione materiale quando necessario, anche come persona.
Quindi, se si usa per Dio la definizione di “tutto” non bisogna sbilanciarsi nel credere che si sta solamente riferendosi alla totalità materiale. Come a dire che Egli sia solo l’universo visibile e invisibile cosicché l’accettare, da parte del fedele, questa totalità significhi accordarvi un equilibrio e un’armonia superiore alla propria comprensione. Dio è sì il tutto, ma è sempre un’unità, non innumerevoli enti come innumerevoli sono le cose all’interno dell’universo.
Un uomo non è il suo corpo o ciò di cui è proprietario, il corpo e le proprietà sono solo le cose che ha. Egli, in modo profondo, è la sua coscienza, quindi, a causa della dinamica in cui la sua mente può ragionare, anche Dio lo deve accettare come una coscienza, innanzitutto. La quale è superiore a tutto e appartiene a tutto perché ogni cosa è stata da lei pensata e così creata.
Già in precedenza ci è balzato agli occhi che comunque ogni cosa rispetta un’armonia e un ordine che potremmo definire naturale. Secondo un piano, però: sempre attraverso l’energia di Dio, l’amore. Tuttavia, abbiamo constatato che malgrado tutto avvenga per Suo mezzo, il risultato varia se l’individuo vi si affida direttamente oppure si affida alla Sua ombra.
In misura di questo piano, Dio è indipendente mentre l’uomo ne è legato. Tanto che si tramanda che Dio, quando appare sulla Terra, non è obbligato a sottostare alle componenti materiali che invece avvolgono chi vi abita. In quei casi, poiché si dimostra indipendente anche da qualcosa di irreversibile come le leggi fisiche di questa realtà, si può asserire che Egli è apparso come è veramente, nel Suo essere originale. Nell’occasione in cui appare come uomo, quindi, Dio è una persona, benché mantenga una indipendenza suprema.
In tali speculazioni non c’è nulla di capzioso, o perlomeno c’è se si vuole capire attraverso le capacità della mente. Dio è apparso come una persona nel mondo, quindi non è che quando torna al suo aspetto impersonale smette di essere quella persona in cui appariva. Egli lo è per sempre: non dimentichiamo la caratteristica di essere eterno e onnipresente. Affermare che Dio, al di là delle Sue apparizioni terrene (che sono avvenute e narrate da svariate tradizioni) appare come la mera totalità di quello che esiste è un tentare di spiegare in chiave convenzionale. Lo stesso se si crede che quando volesse tornare nuovamente sulla Terra non potrebbe diventare un’altra persona ancora, diversa da quella manifestata in un altro momento. Oppure che per tornare ancora sulla Terra, dovesse mandare qualcun altro per il motivo che non può diventare anche un’altra persona rispetto a quella che aveva “impersonato” in passato.
Siamo al cospetto di accorgerci di dettagli che vanno oltre le capacità di comprensione. Accostarcisi, seppure possano sembrare enigmatici o vani, è un bivio fra il vivere da persone comuni e il vivere da eletti.






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