17/05/23

IL TESORO - IL GIORNO DELLA SALVEZZA capitolo 40

Qui di seguito il quarantesimo capitolo del nuovo libro che ho scritto 

IL GIORNO DELLA SALVEZZA


che è il diretto seguito del Vangelo Pratico, edito da Anima EdizioniSpero così di fare cosa gradita a coloro che desiderano conoscere meglio il Vangelo Pratico e sapere come continuano gli approfondimenti. Attendo i vostri commenti e le vostre opinioni, anche in privato.


IL TESORO




La saggezza orientale ci dice che non è una casualità il corpo in cui ci si incarna e quindi la persona che si diventerà. Ciò sarebbe sollecitato in modo complementare con quanto vissuto nelle esistenze precedenti, come una sensata concatenazione di causa ed effetto che accompagna l’individuo. È il personale libero arbitrio, infatti, che contraddistinguerà la qualità delle vite che capiteranno proprio come succede per ogni singola esperienza. Ciascuna di quelle vite, possiamo ribadire, avverrebbe per mettere in scena il percorso ideale per ogni individuo per giungere alla Verità. Di tutti questi aspetti, forse a noi non interessa in modo decisivo perché capiamo che è appunto la Verità lo scopo della nostra vita. Indagare sulla fondatezza di tali processi, anche di quelli che (come desidereremmo) permetterebbero di prendere coscienza di Dio, è comunque un indagare la realtà fenomenica. La quale, abbiamo intuito, è vera solo in misura dell’apertura che ci può suggerire alla realtà che sta dietro ai fenomeni.
Questo non sottende un mancare di rispetto a certe credenze o ostacolarle perché esse sono appunto utili per il progresso al quale accompagnano. Raggiunto il quale, si sarà in grado di procedere verso il successivo. Proprio come quando si faceva notare che cercare di fare luce sul proprio sé investigando sulle proprie vite passate è identico al volerlo fare analizzando la propria infanzia. Ciò che si troverà in quelle ricerche sarà soltanto uno degli innumerevoli dettagli riguardanti noi che hanno costruito quello che si è nel presente, che era mutabile ed effimero proprio come lo è il sé di oggi seppure sta costruendo chi si sarà nel futuro. Il vero sé che si starebbe cercando, invece, è quello che non subisce condizionamenti da ciò che si vive, che è immutabile e puro, ovvero l’unico, universale Sé che piuttosto si intercetta quando si smette di affidarci alla realtà che muta.
Ciò che ero nel passato, difatti, non esiste più: si trattava semplicemente di una concatenazione di eventi atti a farmi accorgere della parte di me che non cambierà mai. Se io aprissi il mio vecchio armadio, ci vedrei gli abiti di quand’ero bambino ricordando così come ci si vestiva all’epoca. Certamente, in questo modo avrei l’illuminazione su come le mode sono cambiate nel tempo e anche potrei cogliere come le varie scelte estetiche mi hanno fatto giungere fino alle abitudini nell’abbigliamento attuale. Focalizzarsi sulla superficie della realtà, che cambia ed è liberamente interpretabile, è un po’ come quest’esempio: sono convinto di scoprire qualcosa su di me e invece starei imparando sull’esterno, la “storia della moda”.
Il proprio passato è una sequenza di vari abiti che si indossano e si sostituiscono e infine si mescolano. Parimenti è la Storia dell’umanità con i vari eventi. Verso la quale non abbiamo nulla in contrario, né staremmo sostenendo che l’essere umano sia vuoto. A contrario, ci entusiasmiamo nel constatare che la realtà che viviamo non è banale o casuale ma un’avventura concreta che ci permette di raggiungere vette impensabili. Dovremmo immaginare la vita come la spedizione di un avventuriero in un paese sconosciuto da attraversare per scoprire un tesoro inestimabile. Il quale è la Verità su tutto, anche sull’avventura stessa, prendendo coscienza di sé e della vera Realtà, di Dio. Cosicché non è fondamentale che la vita sia catalogabile in un modo o in un altro, che sia scandita in susseguenti incarnazioni o ci si incarna una volta sola sicuri che si ritornerà alla “fine dei tempi”. Tutti questi dettagli sono alla stregua di sfumature come i vari incontri, gli enigmi e le insidie che l’avventuriero dovrà affrontare per giungere al tesoro. Tali dettagli sono a lui indispensabili per la meta ma il suo scopo è solo il tesoro, come potrebbe interessargli altro al punto da metterlo al centro della sua vita al pari del tesoro stesso? Se voi sapeste di essere sulle tracce di un tesoro inestimabile che vi sconvolgerà la vita non appena lo avrete tra le mani, vi soffermereste a lambiccarvi sulla comprensione totale dei passaggi e delle strade da fare per ottenerlo? Assolutamente no, vi importerebbe solo del tesoro, tutto il resto è come il ponte fatto dalla conoscenza per giungere alla Verità di un esempio passato.
Colui che non è veramente focalizzato sul tesoro si soffermerà in un punto di quelli che dell’intero viaggio ne sarebbero solo delle tappe intermedie. Proprio come nella spiritualità è chi si concentra invece sulla religione o su una credenza specifica interessandosi a vincere la battaglia contro le altre religioni e su quella che sarebbe il giusto o il migliore credo. Non lo è nessuno e lo sono tutti, perché sono solo degli strumenti. Non appena il nostro avventuriero supera una tappa dell’avventura, se la lascia alle spalle seppure sia stata indispensabile per procedere: non ci pensa più in quanto concentrato totalmente sull’obiettivo. È stata indispensabile solo per quello: per andare avanti, lasciarla alle spalle.
Quello che nella similitudine usata è il focalizzarsi sui dettagli del viaggio, piuttosto che il viaggio vero e proprio e la meta è, purtroppo, una mancanza di vera fede nei confronti del tesoro. Forse pure un dubitare che esista per davvero, altrimenti si verrebbe rapiti dall’idea di poterlo carpire. La fede, infatti, è come un’ubriacatura che attutisce i sensi, che rende insensibili a quanto circonda e spinge così alla meta indipendentemente da cosa bisogna affrontare per arrivarci. Non è ambizione, bramosia o desiderio di possesso: genuinamente amore.
La fede porta alla certezza che vi è qualcosa di inestimabile alla fine dell’intera avventura. Oltre alla realtà finora vissuta vi è la vera realtà, il proprio vero Sé, Dio. Il restante è esclusivamente la mappa del tesoro: chi teme di sconfinare oltre la mappa vi rimarrà dentro. Egli crederà che si tratti dell’unica realtà esperibile e all’interno di essa costruirà ogni cosa, anche imperi e potenze. Eppure, malgrado quello che vi si compie, si tratterà sempre soltanto di ulteriori dettagli che vanno ad aggiungersi a quelli già esistenti sulla via per il tesoro. Il tesoro esiste e ce n’è per tutti ma è oltre qualsiasi cosa possa esserci nel mezzo della mappa. E la mappa, per l’avventuriero, è solo scenografia, un particolare che potrà aiutarlo o ostacolarlo nell’intento.
Se ricordiamo un film di avventura in cui il protagonista deve seguire una mappa del tesoro, potremmo riconoscere il paragone finora fatto. L’avventuriero può giungere anche al cospetto di grandi imperatori, ma per lui non sono nulla, solo un mero sfondo sulla strada per il tesoro. Nulla varrebbe per distrarlo dall’obiettivo. E tutti coloro che egli incontra nel corso del viaggio sono altrettante persone che potrebbero mettersi a loro volta alla ricerca del tesoro, ma non lo fanno rimanendo alle loro vite. Magari queste vite sono trascorse a pochi passi dal tesoro, vicine al bordo della mappa; parliamo di persone che avevano avuto forse una bozza di mappa oppure che hanno desistito dal continuare perché intimoriti dalla complessità o dal dover affrontare l’ultimo tratto. Ecco che quando queste persone vedranno un avventuriero procedere indomito verso il tesoro allora potranno prendere coraggio e ripartire pure loro.
C’è chi non conosce bene la strada o gli manca l’ultimo pezzo. L’incontro con l’avventuriero che raggiunge il traguardo sarà per loro l’occasione per imparare la via giusta. Fuori dalla metafora, l’avventuriero è il maestro che mostra la via. Fortunatamente, l’umanità ha avuto vari maestri che hanno colto il tesoro, seguendo i quali molti hanno allo stesso modo conquistato la destinazione finale. Quindi, ripetiamo, per tutti il tesoro finale è ottenibile.
La mappa è grande, la realtà, il mondo lo sono; tuttavia, per fortuna ci sono stati maestri che l’hanno attraversata in tutte le direzioni. Così, al di là delle moltitudini culturali e linguistiche del mondo, tutti i popoli sono incappati almeno in un maestro che in modo diretto o indiretto ha mostrato un percorso. Forse, per via delle differenze, il percorso è stato spiegato e tramandato in modi svariati ma queste sono solo apparenti perché la meta finale è sempre la stessa. Gli insegnamenti del maestro diventano una religione, una filosofia, una credenza; così che quando queste si accapigliano l’una contro l’altra, stanno solamente perdendo tempo. Il loro scopo non è avere ragione sulle altre ma carpire il tesoro. Oltretutto, questo “tesoro” è talmente sconvolgente, illimitato e inestimabile da non poter essere descrivibile poiché non vi è nulla che vi si può paragonare dal nostro punto di vista (dall’interno della mappa).
Inoltre, se uno raggiunge il tesoro vuol dire che è fuoriuscito dalla mappa, dalla realtà. Pertanto, egli potrà entrarvi e uscirvi a proprio piacimento: se ha un tesoro immenso, nulla gli è interdetto. Così, un gruppo che diventa potente detenendo gli insegnamenti per giungere al tesoro (un clero o un ceto di sapienti) non vuole in realtà (a livello conscio o inconscio) che tutti lo guadagnino in modo indiscriminato e pieno. Perché colui che esce dalla mappa non è più della mappa, in essa non crede più e non ne subirà le condizioni.
A noi importa solo del tesoro, quindi non ci soffermiamo su queste faccende che hanno a che fare con chi vorrebbe che sia questa realtà (la mappa) il proprio tesoro. Pertanto, un ulteriore strumento è la ricerca e lo studio degli insegnamenti dei maestri, il seguire le tracce lasciate dai precedenti avventurieri. Non si sta decidendo di seguire una religione piuttosto che un’altra, ogni maestro è utile se ha raggiunto la meta. Infatti, le parole di qualsiasi maestro è come se fossero pronunciate dalla stessa persona perché trattasi del medesimo viaggio che ha avuto successo a causa del medesimo tipo di fede.
Come si è già precisato, l’espressione finale di tali insegnamenti può variare al variare delle culture e delle lingue. Può darsi che dei messia dei quali si ha memoria, non sono giunti a noi gli esatti resoconti ma semmai un’interpretazione poetica, artistica per poterne facilitare la comprensione o l’amabilità. Io stesso, se fossi in grado, piuttosto che attraverso scritti teorici, esprimerei questi pensieri tramite una narrazione. E forse lo sto già facendo laddove mi faccio aiutare inventando un esempio che fa ricordare un film o una situazione contemporanea.
Comunque, noi qui ci riferiamo principalmente a un maestro specifico, Gesù Cristo, per i motivi già spiegati. E al chiarimento di questo capitolo, possiamo confessare che per l’universalità di quello che tutti troveremo alla fine del viaggio, tutti i maestri sono lo stesso maestro. E tutti i versetti sacri che argomentano di questo traguardo, sono il Vangelo. Siamo tutti all’interno della medesima mappa del tesoro e per tutti il tesoro è oltre la mappa stessa.
È molto probabile che gli impedimenti al percorso hanno senso che esistano proprio per permettere pure al percorso di esserci. Come sappiamo, nella realtà fenomenica (nella mappa) nulla può manifestarsi senza il suo opposto. In questo caso, è evidente che è grazie agli ostacoli, che la gente viene stimolata ad andare oltre. È perché esiste un divieto che viene data la conferma dell’esistenza di qualcosa al di là.









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