22/03/14


Il rendere la visione di un soggetto difficile o sfocata non è semplicemente finalizzato a mettere in scena la sensazione di indefinitezza, incertezza, vaghezza della realtà, ma più onestamente il mio rapporto con essa. Ognuno infatti può avere un proprio rapporto con quanto vive quotidianamente e il modo in cui giudica la realtà. Non c'è un mero scopo didattico nella mia arte. Io uso le foto perché esse sono il veicolo per trattare il presente, il reale e cercare il presente, il reale non significa mettere al centro il pezzo lavorato, ma la lavorazione: è lì che sta un punto di svolta, la ricerca dell'attuale: fare esperienza di quello che si sta vivendo.
La quasi totalità delle volte, si parte parlando di queste sfocature, filtri, difetti visivi, per spiegare i miei lavori. Eppure quelli non sono la spiegazione dei miei lavori, ma il motivo per cui faccio quei lavori.
A questo si aggiunge però un processo che non è veloce e repentino (anche se alcuni lavori prevedono una esecuzione nervosa e immediata) seppure non viene cercata una pianificazione. La perdita di un gesto compiuto di getto viene sbilanciata con un aspetto che dà l'idea di immediatezza: mancanza di cornice, sbavature, strappi, sporcizia. Questo mi fa prevedere che cesserò di lavorare in questo modo.

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