04/03/14


Oggi ho iniziato a ragionare su un nuovo lavoro di poesia. Già da un po' sapevo che avrei cercato di scrivere sulla terra, la materia, la bassezza però non ne risolvevo la scelta stilistica più adatta.
Nella poesia umana bisogna avere la giusta misura, raccomandava il Leopardi. E la giusta misura non la si può immediatamente cogliere, perché la società è da poco cambiata, nel modo in cui l'individuo pensa e ritiene le proprie priorità; una svolta al pari del boom economico degli anni '60, '70, il periodo fascista, la rivoluzione industriale...
E' necessario trovare nuovamente i limiti dentro ai quali poter muovere il proprio pensiero, ovvero registrare di nuovo le convenzioni della nostra vita personale e comune. E, appunto, la strada giusta è scrivere senza riflettere troppo, cioé quello che si pensa in superficie ("la ragione è nemica della grandezza, la natura è nemica della ragione, la natura è grande, la ragione è piccola").
Allora, scriverò di quello che uno dice solo a sé stesso, o alla persona con la quale va a letto; saranno dei testi, pertanto, che potrò leggere in pubblico una volta sola perché non mi inviteranno una seconda volta. Ma qualcuno deve scrivere in questo modo per poter ridiscutere il modo di fare poesia oggi: non si può ripetere uno stile che, a causa dei cambiamenti della società, possa sembrare anacronistico o fuori luogo. Tuttavia, questo tentativo lo possiamo fare in pochi: chi non ha nulla da perdere; ad esempio, chi non teme di fare una magra figura leggendo di argomenti bassi o solitamente banditi (o magari volgari) di fronte a tutti.

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